Toscana, la patria dei clandestini

La Regione ha presentato una proposta di legge che punta a disegnare un nuovo modello di convivenza fra Toscani e cittadini immigrati: ancora una volta a prevalere è l’idea “costruttivista”, che, come spiegato a suo tempo dal liberale Von Hayek, ritiene l'uomo in grado di alterare a suo piacimento le istituzioni della società e della civiltà in modo che possano soddisfare i suoi desideri o le sue aspirazioni, quel costruttivismo che ritiene erroneamente tutte le istituzioni umane esiti di piani intenzionali, in altre parole di progetti deliberati e consapevoli, più che di conseguenze non intenzionali di azioni umane.

Si pensa così di poter modellare le masse e pianificarne la convivenza dall'alto di uno scranno, ma gli ultimi anni mostrano senza tema di smentita che gli interventi in materia di Regione e Comuni, lungi dal favorire l'integrazione, sono più spesso forieri di tensioni e malumori: l’esempio più lampante è probabilmente quello di Colle di Val d’Elsa, dove una pacifica comunità islamica che mai aveva creato problemi in città, è finita nell’occhio del ciclone dopo che l’amministrazione locale ha deciso di dare il là al progetto di una moschea mal digerita dai colligiani. Dialogo ed integrazione sono le parole d’ordine, incomprensioni ed ansie i risultati: che cosa penseranno ad esempio i Toscani, per tornare al recente intervento di Martini e sodali, della “sanatoria per via ospedaliera” degli immigrati irregolari, cui saranno garantiti coi nostri soldi (due milioni di euro all’anno) l'accesso al servizio sanitario ed interventi “urgenti”, come un pasto o un letto per dormire?

Certo, per alcuni si tratterà di diritti inviolabili, da garantire anche a chi regolare non è, ma come è possibile parlare di diritti quando migliaia e migliaia di cittadini saranno coartati per organizzare questa “solidarietà” sempre più imposta? I diritti non vanno molto d’accordo con la coercizione, eppure questo strano sodalizio ci viene propinato sempre più spesso, all’alba della nuova “Era Obama”.

Sia chiaro, senza solidarietà una società non sta in piedi. Ma abbiamo davvero bisogno del furto di Stato (leggasi tassazione) per essere solidali? In passato la carità privata ha già stupito, dando meravigliosa prova di sé: alla mente corre ad esempio il caso dello tsunami, quando in poche ore, telefonini alla mano, milioni di cittadini dettero il loro spontaneo aiuto superando di gran lunga le cifre raccolte dai “munifici” Stati nazionali. E splendidi volontari sono al lavoro ogni giorno al fianco dei più deboli senza che nessuno punti loro una pistola alla tempia per attivarsi in tal senso.

E’ davvero giusto perorare la causa di una coesistenza coatta tra individui che, se fossero liberi, sceglierebbero di condurre esistenze indipendenti? Lasciamo per un attimo perdere le possibili motivazioni, che potrebbero in effetti anche essere odiose (alla fine il razzismo, per dirla con Ayn Rand, altro non è che “la più bassa, la più rozza e primitiva forma di collettivismo”): perché incentivare questa convivenza forzata? Le banlieux parigine, nulla hanno insegnato in proposito? Gli stranieri regolari residenti in Toscana sono già oltre i 300mila: norme come questa rischiano di far precipitare la situazione, minando ancor più un tessuto sociale che appare già decisamente sfibrato.

Immigrazione su invito: questa è l’unica vera soluzione, prospettata fra gli altri dal libertario statunitense Hans Herman Hoppe. Come scrive in “Abbasso la democrazia!”,
un governo che voglia salvaguardare i propri cittadini e le loro proprietà dall'integrazione forzata e dagli invasori stranieri, ha due metodi per farlo - uno di tipo correttivo ed uno preventivo. Il primo è destinato ad alleviare gli effetti dell'integrazione forzata una volta che l'evento si sia realizzato [...] Per fare ciò il governo deve ridurre la quota di proprietà pubblica ed ampliare quella di proprietà privata il più possibile; e, quale che sia la proporzione fra proprietà pubblica e privata, il governo dovrebbe sostenere - invece di indebolire - il diritto di ciascun proprietario ad ammettere ed escludere chiunque dalla sua proprietà. Se la maggior parte della proprietà è privata e il governo contribuisce alla tutela dei diritti dei proprietari, gli immigrati non invitati, anche se sono riusciti a varcare i confini e quindi ad entrare nel paese, non dovrebbero essere in grado di procedere molto oltre [...] Quanto alla prevenzione, in tutti i porti d'ingresso e lungo i confini, il governo deve controllare che tutti gli individui che entrano nel paese per la prima volta siano muniti di un biglietto d'ingresso, ovvero di un invito valido da parte di un proprietario residente: chiunque ne sia sprovvisto, dovrà essere espulso a proprie spese
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Libera contrattazione, difesa e valorizzazione della proprietà privata, sfida alle moderne superstizioni: è la ricetta di Hoppe l'unica strada attualmente percorribile.

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