Auguri

Il Clan Libertario Toscano Filippo Mazzei, in occasione delle festività, interrompe la sua attività per qualche giorno: ci ritroveremo a partire dal 7 Gennaio, in quel 2009 che, ne sono certo, sarà l’anno della svolta per il nostro gruppo.


L’occasione mi è gradita per augurare a tutti voi e ai vostri cari un buon Natale ed un felice anno nuovo.

Saluti libertari.

Leonardo Butini
Amministratore del Clan
e-mail: mltoscana@email.it

Un regalo per Natale

Il Natale è alle porte, e per chi deve ancora ultimare i regali, ecco qua un piccolo consiglio, da impacchettare per gli amici o da regalare semplicemente a sè stessi...è il nuovo libro di Francesco Carbone, Presidente dell'Associazione Usemlab, che ci guida nei meandri della depressione economica, spiegandone cause e possibili rimedi: Prevedibile e Inevitabile.

Allo stesso Francesco Carbone, il compito di presentarvi la sua ultima fatica.

E' mia idea che nel libro ci sia più o meno tutto quello che c'è da sapere in merito alla crisi, nonché gli strumenti per essere in grado di interpretare gli eventi presenti e futuri. Avendo avuto a disposizione tempi maggiori, si sarebbe potuto ottenere un risultato sicuramente migliore tuttavia, la rapidità con cui si sono dispiegati gli eventi mi ha costretto a ottimizzare il trade-off forma/contenuti.

Chi segue e si interessa di mercati o di economia dovrebbe trovare il libro comprensibilissimo. Chi invece si avvicina solo ora alla materia potrebbe trovarlo un po' ostico, nonostante si sia cercato di spiegare al meglio tutti quei termini meno comprensibili. Siamo sicuri che la curiosità intellettuale di ciascuno e la ricerca personale potranno compensare l'assenza di certe definizioni date per scontate. Un glossario sarebbe stato di aiuto, ma non abbiamo avuto né tempo né spazio per poterlo aggiungere (ad esempio quando parliamo di titoli di stato a tasso fisso di lungo periodo, benché non specificato, ci riferiamo all'equivalente italiano dei BTP con scadenza superiore ai 3-5 anni).

Attraverso un filo conduttore più spesso e un numero maggiore di note a piè di pagina, ho cercato di accompagnare in maniera più intensiva il lettore all'inizio del libro. Mano mano che si procede con la lettura, il filo si assottiglia e le note si riducono. Dopo la metà del libro il lettore dovrebbe essere oramai in grado di camminare da solo e comprendere pienamente quanto sta leggendo. In ogni caso la ripetitività con cui certi concetti vengono ripetuti sarà di aiuto per per capire ciò che in un primo tempo era risultato poco chiaro. Lo stesso concetto ripetuto più volte ha quindi il fine di consentire una assimilazione progressiva e graduale, inoltre esso non viene mai riproposto inutilmente o a caso, tra le righe mira a introdurre sempre qualche concetto o elemento nuovo.

Mi auguro quindi che il libro possa offrire un valido percorso di apprendimento e comprensione sia degli eventi attuali che di quei principi economici stravolti nel corso di decenni. In ogni caso esso rimarrà a testimonianza di un'analisi che ancora ad oggi rimane unica in Italia. Speriamo che possa stimolare e aprire nuovi dibattiti e nuove strade in mezzo a un approccio quasi monotematico che in una maniera o nell'altra continua a compromettere la prosperità e il benessere di tutti quanti.

Ringrazio tutti per la pazienza mostrata finora, e mi auguro di ricevere presto dei feedback positivi.
Cordialmente
Francesco Carbone


Ordina il libro all'indirizzo e-mail: ask@usemlab.com

Tribunali in concorrenza? Un toscano spiega come

E' con piacere che pubblichiamo su queste pagine il breafing paper "Tribunali in concorrenza? - Prospettive sul forum shopping quale forma di competizione tra ordinamenti", ultima "fatica" di Andrea Bozzi, patrocinatore legale presso uno studio di Siena e collaboratore dell'Istituto Bruno Leoni.
In questo briefing paper Bozzi analizza il sistema processuale italiano ed internazionale, afflitto da cronici problemi, e prendendo spunto dall'esperienza statunitense del "forum shopping", ossia della risoluzione delle controversie tramite il ricorso a tribunali di altri paesi, ci spiega come soltanto un vero e proprio mercato del diritto, con diversi ordinamenti in concorrenza fra di loro, potrebbe alleviare i "dolori" di una giustizia sempre più ingiusta.
Il mondo sempre più globale in cui viviamo presenta già un interessante ventaglio di alternative: dall'arbitrato alla conciliazione, passando per l'online dispute resolution, molte sono le strade percorribili che "squarciano" la visione statalista dell'ordinamento. Il sogno è quello di addivenire ad un "sistema alla Rothbard", con tribunali privati che spezzino il grigio ed inefficiente monopolio statale lasciando scegliere al mercato quali siano i giudici e le giurie in grado di offrire le procedure migliori ed applicare i metodi più efficienti nell'offrire i servizi giudiziari. Del resto tutto il diritto mercantile fu sviluppato non dallo Stato o dai tribunali statali, ma da tribunali mercantili privati, e la mitica lex mercatoria funzionava talmente bene che lo Stato si limitò a prenderne il controllo... ma anche senza volare così in alto, il tema è appassionante e ricco di possibili spunti interessanti: non mi resta che augurarvi...buona lettura!

Il Briefing Paper è liberamente scaricabile cliccando -QUI-

Che qualcuno getti la chiave!

Il sindaco di Firenze Domenici si è incatenato alla sede del gruppo editoriale Espresso-La Repubblica, in viale Cristoforo Colombo a Roma, per protestare contro alcuni articoli sull'inchiesta della Procura di Firenze sull'area di Castello, in cui sono indagati per corruzione due assessori comunali del Pd, quello all'urbanistica Biagi e lo "sceriffo" Cioni.
Domenici contesta il presunto "corto circuito tra mezzi di comunicazione di massa e modo di fare informazione" che si sarebbe verificato nell'occasione...come a dire, parlate di tutto, ma non osate lasciar trapelare presunte connivenze dell'amministrazione fiorentina e del PD con i "poteri forti".
La preoccupazione di Domenici appare però quantomai fuori luogo: chiunque sia dotato di un minimo di buon senso e buona fede, non ha bisogno di essere imbeccato dal quotidiano di turno per accorgersi che le fortune del centro-sinistra toscano sono legate a doppio filo alle vicende ed alle sorti dei poteri forti, in un intreccio a tinte sempre più fosche fra politica ed economia...a Siena il Monte dei Paschi, a Firenze i Della Valle e i Ligresti. E quando certi legami vengono meno, per un motivo o per l'altro, la forza d'urto della sinistra toscana finisce presto col perdere di smalto: da Viareggio a Prato, passando per Lucca e Grosseto, sono molte le realtà della nostra Tuscia in cui cittadini ormai stanchi stanno pian piano aprendo gli occhi dinanzi allo scempio perpetrato da questa classe politica sempre più lontana dal sentire e dai bisogni della "gente comune", impegnata com'è a metterci le mani in tasca per lanciarsi in progetti strampalati e favorire gli amici degli amici.
Anche il tragicomico teatrino delle primarie sembra mostrare le crepe di un sistema che sta oramai per implodere: non un confronto fra idee e soluzioni diverse, bensì una lotta fratricida per la poltrona più comoda, da cui poi potersi comodamente spartire il bottino.

Il gesto penoso di Domenici è l'ultimo atto di questa squallida commedia finanziata con le nostre tasse: per favore, qualcuno getti la chiave di quel lucchetto!

Salviamo i veri panda...i liberali!

Wwf e Regione sono al lavoro per realizzare una sorta di road map toscana, una specie di calendario che fissi tutti i passaggi che da qui alla fine del 2009 dovrebbero portare, con un percorso a tappe forzate, a una decisa riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell'Anno mondiale del clima.

Gli obiettivi sono raggiungere entro il 2020 il 20% di diminuzione delle emissioni di CO2 e il 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili, ma il Wwf ha chiesto alla Regione un ulteriore impegno per arrivare alla riduzione del 30% delle emissioni alla stessa data e promuovere contestualmente risparmio ed efficienza energetica.
Guido Scoccianti, presidente di Wwf Toscana, sogna addirittura "un mondo a carbonio-zero": una prospettiva paradisiaca per i più, ma decisamente inquietante per chi non si accontenta di accettare acriticamente le posizioni più in voga nel panorama politico e scientifico (o pseudo tale) e si prende la briga di leggersi direttamente qualche dato e qualche interpretazione alternativa del problema.

In Italia, è soprattutto il bravo e coraggioso Carlo Stagnaro, ingegnere per l'ambiente ed il territorio e Direttore del Dipartimento Ecologia di mercato dell'Istituto Bruno Leoni, a sostenere le posizioni di chi guarda con scetticismo ai "socialisti in salsa verde", quelli che per intendersi lanciano un allarme al giorno in cerca di finanziamenti a pioggia, ma da circa 50 anni cannano regolarmente qualsivoglia previsione. Il buon colonnello Giuliacci non è in grado di stabilire con certezza neppure se fra 24 ore pioverà o meno sulle nostre teste, eppure che fra mezzo secolo saremo nei guai sembra ormai una verità assodata.
Che importa se nel 1970 ci avevan raccontato che saremmo morti di glaciazione, oggi va di moda il riscaldamento globale e tanto vale adeguarsi, e guai se qualcuno si azzarda a chiedere conto delle innumerevoli castronerie che ci son state propinate nel tempo. Signori, questa è la scienza, e chi va controcorrente è sicuramente stipendiato da qualche multinazionale brutta e cattiva.

A sentir loro, la preannunciata svolta verso energie alternative sembra destinata ad apportare soltanto benefici: milioni di posti di lavoro in arrivo, più salute per tutti, il pianeta che ride…anche gli slogan di Berlusconi impallidiscono al confronto. Tutto sembra destinato a migliorare le nostre vite, e chi si azzarda ad avanzare obiezioni è un ignorante egoista che non vede al di là del proprio naso.
Di sacrifici, stranamente, parlano in pochi: perché si sa, ogni azione ha dei benefici ma anche dei costi, ed è solo dal confronto dei primi con i secondi che è possibile addivenire a scelte profittevoli.
Quanto costa perseguire certe politiche? Ed i benefici quali saranno? Come misurarli? E il riscaldamento globale, dipende davvero dall'uomo?

Procediamo con ordine.

Che il global warming abbia origine antropiche è quantomeno dubbio: è proprio Carlo Stagnaro a spiegarcelo in "Dall'effetto serra alla pianificazione economica"

gli studiosi hanno rilevato un aumento della temperatura di circa 0,8 °C a partire dalla metà del XIX secolo. Pressochè tutto il riscaldamento verificatosi negli ultimi cent'anni si concentra in due lassi di tempo ben precisi: dal 1910 al 1945 e poi dal 1975 ad oggi. Le emissioni antropogeniche sono andate aumentando sin dai tempi della Rivoluzione industriale, e i sostenitori di un riscaldamento globale catastrofico ritengono che esse ne siano la causa. Ma la discontinuità rilevata nel '900 sembra contaddire questa spiegazione.

I modelli utilizzati per fare previsioni inoltre sono gonfi di forzature ed ipotesi semplificative, che, come mostrato appunto dai fallimenti del passato, rendono davvero difficile una piena comprensione di una situazione tanto complessa. L'atmosfera ad esempio è costituita, fra l'altro, anche da una serie di sostanze che si oppongono al riscaldamento o addirittura che hanno un effetto contrario, e da altre che si comportano, a seconda dei casi, in un modo o nell'altro, e valutare il peso di queste componenti, se non il loro segno, è compito arduo. Quanto ai costi di simili riforme, se queste fossero applicate i prezzi del riscaldamento, della benzina, del gas naturale e dell'energia subirebbero impennate clamorose, ed il PIL rischierebbe una secca battuta d'arresto, il tutto per far aumentare la temperatura nel 2100 di circa 0,15 °C in meno rispetto all'ipotesi di non fare nulla: ebbene si, sono queste le sconvolgenti conclusioni cui si giunge Protocollo di Kyoto alla mano.
Prosegue Stagnaro:
fissato un certo tasso di sconto, il presupposto di Kyoto è che le spese che noi affrontiamo oggi si tradurranno in un guadagno per i nostri discendenti, cioè per individui altri da noi - domani. Questo presuppone di conoscere una serie di preferenze che sono logicamente e praticamente inconoscibili: in primo luogo quelle dei nostri simili viventi, e secondariamente quelle di chi occuperà la terra dopo di noi


In sostanza, le decisioni che stanno piovendo quotidianamente sulle nostre teste in materia di ambiente sono tutte ispirate all'ormai mitico principio di precauzione e ad una ignoranza economica che ha pochi eguali: certezze non ve ne sono, se non che i costi da sopportare saranno enormi.

I veri panda da salvare, non ce ne voglia il Wwf, sono i liberali come Stagnaro, che anche per risolvere le questioni ambientali si affidano a diritti di proprietà meglio definiti anziché al Leviatano che tutto saprebbe e potrebbe: Scoccianti, quando la smetterà di…scocciare?

I libertari Toscani sbarcano su Facebook!

E’ partito nei giorni scorsi il “progetto Facebook” del Clan Libertario Toscano “Filippo Mazzei”.

Uno strumento in più nelle mani dei libertari, liberali e liberisti Toscani, per rendere sempre più agevole e friendly il contatto ed il confronto non solo fra noi che amiamo la libertà individuale e ci troviamo spesso a navigare da soli nel mare ostile della “rossa” Tuscia, ma anche col “resto del mondo”, spesso così lontano dalle nostre idee ma con il quale è comunque doveroso ed indispensabile confrontarsi, nel quotidiano, pronti non solo a proporre ma anche ad ascoltare.

Da oggi le distanze non sono più un problema…iscriviti anche tu al nostro gruppo, e vieni a conoscerci di persona: si parte!!!

Toscana, la patria dei clandestini

La Regione ha presentato una proposta di legge che punta a disegnare un nuovo modello di convivenza fra Toscani e cittadini immigrati: ancora una volta a prevalere è l’idea “costruttivista”, che, come spiegato a suo tempo dal liberale Von Hayek, ritiene l'uomo in grado di alterare a suo piacimento le istituzioni della società e della civiltà in modo che possano soddisfare i suoi desideri o le sue aspirazioni, quel costruttivismo che ritiene erroneamente tutte le istituzioni umane esiti di piani intenzionali, in altre parole di progetti deliberati e consapevoli, più che di conseguenze non intenzionali di azioni umane.

Si pensa così di poter modellare le masse e pianificarne la convivenza dall'alto di uno scranno, ma gli ultimi anni mostrano senza tema di smentita che gli interventi in materia di Regione e Comuni, lungi dal favorire l'integrazione, sono più spesso forieri di tensioni e malumori: l’esempio più lampante è probabilmente quello di Colle di Val d’Elsa, dove una pacifica comunità islamica che mai aveva creato problemi in città, è finita nell’occhio del ciclone dopo che l’amministrazione locale ha deciso di dare il là al progetto di una moschea mal digerita dai colligiani. Dialogo ed integrazione sono le parole d’ordine, incomprensioni ed ansie i risultati: che cosa penseranno ad esempio i Toscani, per tornare al recente intervento di Martini e sodali, della “sanatoria per via ospedaliera” degli immigrati irregolari, cui saranno garantiti coi nostri soldi (due milioni di euro all’anno) l'accesso al servizio sanitario ed interventi “urgenti”, come un pasto o un letto per dormire?

Certo, per alcuni si tratterà di diritti inviolabili, da garantire anche a chi regolare non è, ma come è possibile parlare di diritti quando migliaia e migliaia di cittadini saranno coartati per organizzare questa “solidarietà” sempre più imposta? I diritti non vanno molto d’accordo con la coercizione, eppure questo strano sodalizio ci viene propinato sempre più spesso, all’alba della nuova “Era Obama”.

Sia chiaro, senza solidarietà una società non sta in piedi. Ma abbiamo davvero bisogno del furto di Stato (leggasi tassazione) per essere solidali? In passato la carità privata ha già stupito, dando meravigliosa prova di sé: alla mente corre ad esempio il caso dello tsunami, quando in poche ore, telefonini alla mano, milioni di cittadini dettero il loro spontaneo aiuto superando di gran lunga le cifre raccolte dai “munifici” Stati nazionali. E splendidi volontari sono al lavoro ogni giorno al fianco dei più deboli senza che nessuno punti loro una pistola alla tempia per attivarsi in tal senso.

E’ davvero giusto perorare la causa di una coesistenza coatta tra individui che, se fossero liberi, sceglierebbero di condurre esistenze indipendenti? Lasciamo per un attimo perdere le possibili motivazioni, che potrebbero in effetti anche essere odiose (alla fine il razzismo, per dirla con Ayn Rand, altro non è che “la più bassa, la più rozza e primitiva forma di collettivismo”): perché incentivare questa convivenza forzata? Le banlieux parigine, nulla hanno insegnato in proposito? Gli stranieri regolari residenti in Toscana sono già oltre i 300mila: norme come questa rischiano di far precipitare la situazione, minando ancor più un tessuto sociale che appare già decisamente sfibrato.

Immigrazione su invito: questa è l’unica vera soluzione, prospettata fra gli altri dal libertario statunitense Hans Herman Hoppe. Come scrive in “Abbasso la democrazia!”,
un governo che voglia salvaguardare i propri cittadini e le loro proprietà dall'integrazione forzata e dagli invasori stranieri, ha due metodi per farlo - uno di tipo correttivo ed uno preventivo. Il primo è destinato ad alleviare gli effetti dell'integrazione forzata una volta che l'evento si sia realizzato [...] Per fare ciò il governo deve ridurre la quota di proprietà pubblica ed ampliare quella di proprietà privata il più possibile; e, quale che sia la proporzione fra proprietà pubblica e privata, il governo dovrebbe sostenere - invece di indebolire - il diritto di ciascun proprietario ad ammettere ed escludere chiunque dalla sua proprietà. Se la maggior parte della proprietà è privata e il governo contribuisce alla tutela dei diritti dei proprietari, gli immigrati non invitati, anche se sono riusciti a varcare i confini e quindi ad entrare nel paese, non dovrebbero essere in grado di procedere molto oltre [...] Quanto alla prevenzione, in tutti i porti d'ingresso e lungo i confini, il governo deve controllare che tutti gli individui che entrano nel paese per la prima volta siano muniti di un biglietto d'ingresso, ovvero di un invito valido da parte di un proprietario residente: chiunque ne sia sprovvisto, dovrà essere espulso a proprie spese
.

Libera contrattazione, difesa e valorizzazione della proprietà privata, sfida alle moderne superstizioni: è la ricetta di Hoppe l'unica strada attualmente percorribile.

Alla crisi dei mercati si risponde...col mercato!

Una task force e milioni su milioni di euro stanziati: questa l’iniziativa della regione Toscana per la crisi finanziaria. Ne ha parlato il presidente della Regione Toscana Claudio Martini prima della seduta straordinaria del Consiglio regionale sull’economia. “Una crisi - ha detto Martini - che in Toscana metterebbe a rischio tra i 3 e i 5mila lavoratori”. Si tratta di un accordo tra banche, fondazioni, sindacati, imprenditori e universita’, grazie al quale 54 milioni di euro andranno a finanziare piccole e medie imprese, mentre il resto sarà impiegato per studenti, famiglie, lavoratori atipici e cassintegrati.

La ricetta individuata dalla nostra Regione consiste pertanto in un intervento massiccio sui mercati, in linea con quanto prospettato dal governo nazionale e dai governi europei e statunitense. Una ricetta sbagliata, il cui risultato sarà soltanto quello di rimandare nel tempo i l crack definitivo e nel frattempo di renderlo, se possibile, ancor più drammatico.
Sbagliata perché punta proprio su quello strumento – l’intervento pubblico - che costituisce la vera causa di ogni depressione economica, come splendidamente dimostrato decenni fa dalla Scuola Austriaca dell’economia (i vari Mises, Hayek e Rothbard, per intendersi).

In questi mesi ci hanno raccontato che la causa della crisi sarebbe il libero e “selvaggio” mercato…ma è davvero così libero questo mercato finanziario, ossia, per usare le parole di Francesco Carbone, "un sistema i cui processi SONO fortemente INFLUENZATI, COMANDATI, MANIPOLATI, ALTERATI, DIRETTI da un pianificatore CENTRALE e monopolista del CREDITO e della MONETA in COLLUSIONE con un ristretto numero di ENTITA' FINANZIARIE e lo STATO?
No, non si tratta di un mercato libero: quello che abbiamo innanzi è un mercato quotidianamente distorto dall’intervento pubblico, che impedisce ai meccanismi di mercato di funzionare correttamente e agli agenti economici di prendere decisioni sulla base di informazioni sensate.
Ma nonostante tale massiccio intervento, di cui il piano toscano costituisce, a dire il vero, solo la punta dell’iceberg, questo mercato così umiliato, sconvolto e incatenato, se lasciato solo un po’ più libero di esplicare le proprie forze, riuscirebbe comunque a porre rimedio: i fallimenti a catena di questo periodo ne sono la dimostrazione, e saranno certo dolorosi, ma pur sempre salutari.
Coloro che inducono in errore gli imprenditori (in due parole lo Stato ed il settore pubblico, le Banche Centrali e le banche commerciali) e coloro che si lanciano di conseguenza in investimenti fallimentari, devono infatti pagare di tasca propria: non può essere sempre il cittadino inerme ed incolpevole a rimetterci, perché in questo si risolverà alla fine l’accordo siglato dal presidente Martini, anche se a prima vista potrebbe sembrare esattamente il contrario.

Non cadete nella trappola di quei politici che per distogliere l’attenzione dalle loro malefatte puntano il dito contro lo spauracchio di fantomatici speculatori e contro la corruzione che regnerebbe nel “regno del profitto”: i primi (gli speculatori), sono in realtà il prototipo dell’eroe moderno, i secondi ( i corrotti) sono del tutto contigui alla classe politica che prima li foraggia e poi finge di incolparli, come in questi giorni ci insegna anche il "caso Obama", che ha nominato quale nuovo chief of staff(la posizione più importante nella presidenza), udite udite, Rahm Emanuel, ex direttore di Fannie Mae, la banca di natura semipubblica che ha comprato il 50% dei mutui cartolarizzati, ha avuto uno scandalo nel 2004 per aver falsificato i bilanci per centinaia di miliardi, è fallita, ed è infine stata salvata con 300 miliardi di impegno da parte dello stato in settembre. Questo è lo stratega politico che ha architettato la vittoria di Obama puntando come tema sull'avidità di wall Street, che avrebbe operato senza controlli arricchendosi all'insaputa e a danno di milioni di americani innocenti. Il guru del neo-presidente americano era nel consiglio di amministrazione di Fannie Mae dove si riciclavano i mutui subprime, e qualcuno ha pureil coraggio di sperare nella nuova amministrazione per uscire dalla crisi!!!

Che dire infine della forte reazione dell’opposizione in Consiglio Regionale? Di sicuro certi atteggiamenti, tesi più ad attrarre l’attenzione dei media che ad altro, non bastano; anche in quota Pdl, sotto i fumi del tremontismo imperante, nessuno pare cogliere i veri motivi di questa depressione economica, e nessuno si prende la briga di indicare l’unica soluzione possibile: laissez – faire, laissez – faire, laissez – faire.
A quando la capacità di prendere le distanze dalle posizioni “dominanti”, così come coraggiosamente fatto, ad esempio, in tema di ambiente? A quando un Popolo che sia veramente…della Libertà?

La Casta rientra dalla finestra...

Dopo lo scandalo ed il clamore suscitati lo scorso anno dal libro-inchiesta “La Casta” di Rizzo e Stella, in cui venivano messi a nudo gli scempi e le ruberie della nostra classe politica, qualcosa in Toscana sembrava essersi mosso: il riordino delle comunità montane, annunciato più volte dalla nostra Regione, pareva esserne il fiore all’occhiello.

Pareva, perché come al solito la Casta, uscita dalla porta, è rientrata dalla finestra: dalle 20 comunità montane (CM) toscane si è passati a 14 CM e 4 “Unioni speciali dei comuni”: è questo il nome scelto dai nostri governanti per prenderci in giro ancora una volta.

Già, perché le Unioni speciali altro non sono che il solito “carrozzone” pubblico pronto a succhiar soldi ai cittadini inermi, come prontamente testimoniato dalle parole di Oreste Giurlani, presidente di Uncem Toscana, secondo cui certi enti a “tutela” della Montagna (avete letto bene, Giurlani usa proprio la maiuscola, il dio Montagna viene sempre adorato dai parassiti che ne ricevono la grazia sotto forma di moneta sonante!) sarebbero imprescindibili.

Insomma, passato un solo anno, il sistema che era stato definito da tutti come una delle zavorre del nostro paese torna ad essere inattaccabile. La risposta potrebbe giungere, forse, solo da quel federalismo fiscale di cui tutti parlano da anni, ma che ancora nessuno si è sognato di realizzare. Come infatti scrive Carlo Lottieri, "quando i ceti politici locali finanziano le loro iniziative non già con i soldi ottenuti direttamente dai loro contribuenti-elettori, ma grazie ad una più generale ( spesso molto complicata) ripartizione delle entrate pubbliche, l’incentivo a spendere finisce per essere molto alto. Se l’Italia ha oggi un debito pubblico record, che supera il 100% del Pil, questo si deve anche al fatto che abbiamo centri di spesa in larga misura irresponsabili. Viceversa, se una data regione o un dato comune dovessero chiedere ai loro stessi contibuenti- elettori i mezzi finanziari per avviare questa o quell’iniziativa, sarebbe ragionevole attendersi che vi sia un’attenzione maggiore a non lanciarsi in spese ingiustificate e a non sprecare risorse".
A quando le comunità di contribuenti, per tutelare le nostre tasche indifese?

Ufficiale: la Toscana sede della prima assemblea del Movimento Libertario



L'assemblea si svolgerà domenica 30 novembre a Poggibonsi (SI), presso i locali dell'associazione "La Toscanina".


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Il nostro Clan darà nell'occasione un resoconto della sua attività passata e presente, ed esporrà le proprie idee ed intenzioni per le azioni future.

Università di Siena? Rinascere nel mercato.

Il clamoroso buco nei conti dell'Università di Siena continua a fare notizia. Sul tema interviene per noi Carlo Lottieri, ricercatore in Filosofia del Diritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'Ateneo senese e Direttore del Dipartimento “Teoria politica” dell’Istituto Bruno Leoni. Buona lettura.

I problemi finanziari che hanno investito l’università senese hanno radici che affondano nell’ultimo quindicennio, e possono certo essere letti in vari modi. Sia sul piano delle responsabilità penali che su quello della dialettica interna all’istituzione, è normale che vi sia una grande attenzione a ricercare quali possono essere stati i “colpevoli”. Non si tratta solo di veder scorrere il sangue, ma soprattutto di capire quali decisioni abbiano prodotto il disastro del presente, che certamente verrà pagato a caro prezzo dall’intero capoluogo toscano e da quanti (senesi e no) gravitano sull’università come studenti e come docenti.

Ben al di là del caso specifico, però, vale la pena di chiedersi se il crack del bilancio senese non sia figlio soprattutto di un ordine istituzionale – quello delle università italiane – che va interamente rivisto, ponendo al centro la libertà di scelta degli studenti e la responsabilizzazione di ogni amministratore.

Cominciamo dal primo dato, il più elementare: il meccanismo di selezione delle gerarchie. Nelle università italiane, il rettore è eletto attraverso un complesso meccanismo che obbliga i professori candidati a tale carica a ricercare il sostegno dei propri colleghi e del resto del mondo universitario locale. Al termine di un’abile campagna elettorale si può quindi passare dallo studio e dall’insegnamento della Filologia romanza o della Fisica dei solidi alla gestione di un’impresa con migliaia di dipendenti. Ed è chiaro che i risultati possono essere solo modesti.

Negli Stati Uniti le cose funzionano diversamente, sia negli atenei pubblici come in quelli privati. Gestire un’università è una professione specifica, e non già il frutto di improvvisazione. Quanti nella vita ambiscono a svolgere questo ruolo, iniziano con il guidare piccole università oppure con l’avere ruolo direttivi “minori” all’interno di università prestigiose, e dopo aver dato mostra di qualità organizzative, gestionali e amministrative finiscono per farsi carico di Yale o di Harvard.

C’è poi un’altra questione, ancor più cruciale.

Le università italiane – anche quelle dette “private” (Cattolica, Luiss, Bocconi ecc.) – sono di fatto tutte università di Stato, in quanto sono finanziate dai contribuenti sulla base di complicati criteri che, ad esempio, permettono la nascita e la sopravvivenza di troppe facoltà senza iscritti, di scarso o nullo interesse.

Una seria alternativa a tutto ciò sarebbe la privatizzazione del sistema accademico italiano e la creazione di un’offerta differenziata, competitiva, stimolata ad attirare gli studenti. Oggi l’università pubblica prende a tutti – compresi i redditi più bassi – e restituisce (sotto forma di rette assai modeste) solo a quella quota composta di italiani che mandano i figli all’università: e si tratta ovviamente di famiglie più rappresentate nei ceti medi e alti che in quelli bassi o bassissimi.

Privatizzare le università e costringere ognuno a finanziarsi da sé l’istruzione vorrebbe dire dare un potere del tutto nuovo agli studenti, che oggi non sono quasi mai in grado di far valere le proprie ragioni di fronte all’istituzione e, in particolare, dinanzi ai docenti. L’obiezione che in tal modo i più poveri non potrebbero studiare può essere facilmente superata, perché a tale scopo sarebbe sempre possibile per lo Stato elargire borse di studio per quanti sono bravi e meritevoli.

Questo mi pare allora essere l’insegnamento cruciale che viene dalle presenti difficoltà dell’università di Siena: bisogna che le istituzioni dell’alta formazione siano costrette a selezione bene docenti e ricercatori, siano spinte a farli lavorare al meglio, siano indotte ad assumere buoni modelli gestionali e a prendersi cura del loro futuro. E per far questo c’è bisogno che le università siano sempre più “imprese di mercato” e sempre meno “apparati di Stato”.

Uno tra i professori più coraggiosi, intelligenti e controcorrente che Siena abbia avuto negli ultimi decenni, Franco Romani, esattamente vent’anni fa scrisse un articolo che dava ragionevoli indicazioni su come l’università italiana avrebbe dovuto cambiare. In quel pezzo, “Un po’ di anarchia nel cuore dell’Accademia”, l’economista suggeriva di attribuire potere allo studente.

Si tratterebbe, in fondo, di tornare alle origini: dato che nel dodicesimo secolo e in quelli successivi le università erano associazioni di studiosi, che si facevano pagare per le loro lezioni, o associazioni di studenti, che “assumevano” i professori e pretendevano da loro corsi di qualità. In un caso o nell’altro, le università erano realtà di mercato, in cui lo scambio delle idee s’intrecciava di continuo con lo scambio del denaro.

È a quell’antico modello che l’università di Siena, le cui radici sono fatte risalire al 1240, dovrebbe tornare ad ispirarsi.

Defiscaliziamo la Toscana!

Esenzione dalle imposte sui redditi per 5 anni, esenzione dall'Irap, esenzione dall'Ici, esonero dal versamento dei contributi previdenziali: sono queste le misure previste dalla nuova "Zona Franca Urbana" (ZFU) che in Toscana potrebbe essere costituita dall'area intercomunale di Massa Carrara.
Le Zone Franche Urbane sono aree previste dalla Legge Finanziaria 2007, ribadite nel 2008, in cui si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese.

Con provvedimenti del genere, il fisco in pratica riconosce le proprie colpe: lungi dall'essere una "cosa bellissima", le tasse hanno il potere di tarpare le ali allo sviluppo economico, e l'evasione fiscale, presentata per lo più come un immondo crimine, diventa spesso l'unica via percorribile per aziende che vogliano crescere o anche soltanto sopravvivere.
Che sviluppo economico faccia rima con tassazione soft, è ormai evidente dati alla mano: dall'Irlanda ai nuovi membri UE dell'ex URSS, passando per i paesi baltici, a crescere è chi applica la cosiddetta flat tax, vale a dire un sistema di tassazione nel quale ad ogni contribuente,che si tratti di una persona fisica o di un'azienda,viene applicata una sola aliquota d'imposta,indipendentemente dal suo livello di reddito e dalla fonte di quest'ultimo.

Dietro a provvedimenti come quelli delle ZFU, che pur accogliamo con favore, risiede però la convinzione che misure simili siano applicabili soltanto in casi di straordinario disagio economico ed occupazionale, e che estenderle indiscriminatamente costituirebbe un danno secco alle tasche delle fasce più deboli della popolazione…nulla di più falso. Ovunque nel mondo si siano tagliate in modo energico e concentrato nel tempo anche e soprattutto le aliquote che colpiscono i più "ricchi", le entrate per le casse dell'Erario sono aumentate mentre è contestualmente diminuita la partecipazione dei meno abbienti al gettito totale. Limare le unghie al fisco rende infatti l'evasione fiscale meno conveniente, riuscendo là dove falliscono regolarmente misure "feroci" alla Vincenzo Visco: la carota in questo caso è meglio del bastone, la riforma Reagan lo insegna.

Oltre che su considerazioni di tipo utilitaristico, la nostra contrarietà ad un fisco oppressivo si fonda comunque su ragioni morali: le tasse sono un furto, ed il modo in cui viene spartito il bottino conta poco per chi ha a cuore la libertà individuale. L'auspicio pertanto è che provvedimenti come quello di Massa Carrara possano essere estesi nel tempo e ad altre zone: defiscaliziamo la Toscana!

Buone vacanze e...buona lettura!

Agosto, tempo di vacanze, sole, spiagge e mare…e anche il nostro blog si prende qualche giorno di pausa. Torneremo in settembre, quando sul piatto avremo molte novità: dall'imminente primo congresso del Movimento Libertario nazionale all'organizzazione del primo convegno del nostro Clan, che si terrà presumibilmente in autunno, il periodo sarà di quelli particolarmente intensi, tutto da seguire sulle nostre pagine.
Per ora vi lasciamo al meritato riposo sotto l'ombrellone, e vi salutiamo consigliandovi una buona lettura per allietare le vostre ore su sdraio e lettini: "L'identità toscana" di Sergio Salvi, un libro per toscani doc, che ci porta alla riscoperta delle nostre radici, troppo spesso infangate e distorte dalle menzogne di Stato.
Correndo sempre sul filo del paradosso, Salvi ci svela in queste pagine alcune delle bufale risorgimentali più ricorrenti e radicate, mostrandoci come l'Italia sia per lo più una costruzione artificiosa ed irrispettosa delle diversità che sempre hanno caratterizzato le nostre terre (in proposito, da leggere dello stesso autore anche "L'Italia non esiste", edito dalla Leonardo Facco Editore), e come la storia sia piegata troppo spesso al volere dei potenti di turno, responsabili, in nome di una patria costruita a tavolino da grigi burocrati, dei più orrendi misfatti.

Un libro per spiriti liberi, pronti a mettere in discussione le versioni "ufficiali" spacciateci quotidianamente da giornali e tv per partire alla riscoperta di una cultura, di una tradizione e di una identità, quella toscana appunto, che sarà anche sopita da decenni di statalismo, ma continua pur sempre, sotto traccia, ad essere ben viva e presente nel nostro agire quotidiano, nelle nostre menti e nei nostri cuori.

Ecco per voi una breve presentazione del libro di Salvi…buona lettura e buone vacanze!

Questo libro sulla Toscana parte da una visione toscanocentrica, non subalterna ad altri punti di vista che pretendano di raccontarla collocandola, a posteriori, al loro interno. L'identità toscana vi è infatti intesa come un congiunto di popolo, di territorio, di lingua, di cultura e di storia che la rende unica e irripetibile. Ciò emerge anche dalla successione delle istituzioni che l'hanno anticipata e poi rappresentata: la cechana etrusca, la regio augustea, la provincia dioclezianea, la pars longobarda, la marchia franca e, dopo un periodo di frantumazione politica, la ricostruzione dell'unità tramite il granducato, prima mediceo e poi lorenese. Oggi la Toscana vive in contumacia nella regione omonima, in attesa di un suo più coerente riconoscimento nell'ambito dell'auspicata e più volte annunciata riforma in senso federalista dello Stato italiano.

Lo spargi-rifiuti è un eroe

Firenze dichiara guerra ai mozziconi gettati per terra, ed in un momento in cui di rifiuti più o meno ingombranti si parla un giorno sì e l'altro pure, l'occasione mi pare propizia per pubblicare alcuni stralci da "Difendere l'indifendibile", splendido testo dell'economista libertario Walter Block, che ci spiega come lo spargi-rifiuti sia in realtà una sorta di eroe moderno. Buona lettura.

Lo spargi-rifiuti trova oggigiorno poche persone che lo difendano. E' attaccato da tutte le parti, e deve sostenere l'urto delle “anime belle”. Canali radiotelevisivi mandano in onda spot anti-rifiuti sotto forma di “servizio pubblico”; comitati di genitori e di quartiere, associazioni parrocchiali ed organizzazioni civiche sono tutti d'accordo nell'attaccare chi semina rifiuti...i rifiuti sparsi sono un grande elemento riunificatore.
In ogni caso, c'è un piccolo, apparentemente insignificante dettaglio che annienta l'accusa contro i rifiuti sparsi e contro lo spargi-rifiuti: i rifiuti sparsi possono solo esistere sul suolo pubblico, mai su una proprietà privata. Le pubblicità che illustrano le presunte nefandezze dello spargimento dei rifiuti sono ambientate nelle autostrade, sulle spiagge, sulle strade, nei parchi...tutti luoghi pubblici. E ciò non perchè la maggior parte dei rifiuti venga seminata nei luoghi pubblici ma perchè è così per definizione. Se qualcosa somigliante in tutti gli altri aspetti allo spargimento dei rifiuti dovesse accadere in un luogo privato, non sarebbe affatto considerato spargimento di rifiuti.
Quando grandi folle lasciano uno stadio, una sala cinematografica, un circo, quelli che restano tra le poltrone e nei corridoi non sono e non possono essere dei rifiuti sparsi. E' immondizia, sporcizia, spazzatura, ma non "rifiuti sparsi".
Alla fine del normale orario lavorativo, nelle zone centrali delle nostre città un'orda di addetti delle pulizie converge su banche, negozi, ristoranti, uffici, fabbriche ecc. privati. Ciò che devono fare è pulire e assolutamente non si può dire che raccolgano rifiuti sparsi. Contemporaneamente, la nettezza urbana pulisce le strade e i marciapiedi pubblici, raccogliendo i rifiuti sparsi.
Ora non è possibile fare una vera distinzione tra l'abbandono di spazzatura in luoghi pubblici e l'abbandono di spazzatura in luoghi privati. Non c'è ragione di chiamare l'uno, e non l'altro, “spargere rifiuti”, poiché in ambedue i casi in pratica si fa la stessa cosa. In ambedue i casi, infatti, la produzione di spazzatura è una concomitanza del processo del produrre e del consumare.
In certi casi, l'abbandono della spazzatura, perchè venga raccolta più tardi, è una soluzione ottimale. Per esempio, un falegname, sprecherebbe troppo tempo se raccogliesse i trucioli mentre lavora. E' più semplice ed economico lasciare che i rifiuti si accumulino, per poi spazzarli via a fine giornata o a intervalli regolari. Il direttore di una fabbrica potrebbe indire una campagna anti-rifiuti, e costringere i falegnami a tenere i loro spazi di lavoro liberi da qualsiasi accumulo di trucioli. Potrebbe rinforzare quest'ordine con una multa, però, a causa di queste regole, la sua forza-lavoro potrebbe licenziarsi o, non licenziandosi, i costi di produzione salirebbero eccessivamente, e la ditta perderebbe ordinazioni che passerebbero a fabbriche concorrenti.
Nell'esercizio della professione medica, d'altro canto, lo spargimento di rifiuti non può essere tollerato. Le sale operatorie, di consultazione o di trattamento, devono essere igieniche, disinfettate e ben pulite. La mancata adozione di una forte campagna anti-rifiuti porterebbe in questo caso al fallimento dell'ospedale, via via che si spargesse la voce che l'istituto è anti-igienico[...]ciò che questi esempi, apparentemente disparati, hanno in comune, è di illustrare come, nel mercato, il decidere se e quanto spargimento di rifiuti sia lecito permettere si basi, in ultima istanza, sulla volontà e sui desideri del consumatore.
La questione non viene trattata semplicisticamente, e non si alza un grido generale per eliminare gli spargi-rifiuti. Vi è piuttosto un attento soppesare dei costi e dei vantaggi che il permettere ai materiali di scarto di accumularsi comporta.
Nella misura in cui i costi di raccolta delle immondizie sono bassi, e i danni provocati dalla spazzatura elevati, saranno frequenti le raccolte e severe le sanzioni per chi abbandona le immondizie, come nell'esempio proposto sui rifiuti sparsi in un ambiente medico. Se i costi della raccolta delle immondizie sono alti, e i danni provocati dall'accumulo pochi, ci saranno raccolte meno frequenti, e nessuna sanzione per lo spargimento dei rifiuti. Queste politiche differenti non sono il risultato di una legge statale, ma sono il risultato di un processo di mercato. Gli imprenditori che non agiscono in accordo con un'analisi minuziosa dei costi/vantaggi perdono clienti...un sistema basato sui bisogni e sui desideri dei singoli individui è molto flessibile. In ciascun esempio, la politica da adottare sullo spargimento dei rifiuti viene concepita su misura per le esigenze di ogni specifica situazione. Inoltre, un simile sistema, è in grado di reagire con prontezza ai cambiamenti, che siano i costi della raccolta dei rifiuti o i danni causati dai rifiuti non raccolti[...]nel considerare lo spargimento di rifiuti sul suolo pubblico, non esiste un sistema sintonizzato con precisione che risponda ai bisogni e ai desideri dei singoli individui. Anzi, il suolo pubblico è sotto la tutela dello stato, ed è lo stato stesso a trattare le richieste del consumatore in modo piuttosto arrogante, praticamente ignorandole. L'impresa statale è la sola impresa che risponderebbe ad un aumentato desiderio di spargimento dei rifiuti con una determinazione irremovibile ad eliminarlo, rifiutando dunque di adattarsi sia ai desideri del consumatore, sia all'evoluzione della tecnologia. La legge è legge. Lo stato può funzionare in questo modo perchè è fuori dal mercato. Non ottiene le sue entrate nel processo di mercato dello scambio volontario; le ottiene tramite la tassazione, processo che non ha alcun rapporto con la capacità di accontentare i clienti.
L'argomento statale contro lo spargimento dei rifiuti è che ciò accada per mancanza di rispetto dei diritti altrui. Ma questo argomento non è valido. L'intero concetto dei rifiuti privati ne è una dimostrazione. Se i rifiuti sparsi fossero una violazione dei diritti ed una noncuranza per il benessere altrui, cosa diremmo dei rifiuti “sparsi” nei ristoranti, nei cinema ecc? I rifiuti esistono nel mercato privato proprio come mezzo per soddisfare il desiderio di benessere dei consumatori. Non si violano i diritti del padrone del ristorante spargendo rifiuti, proprio come non si violano mangiando, perchè entrambe queste cose vengono pagate[...]una politica sullo spargi-rifiuti, per poter essere flessibile, deve essere sostenuta da un sistema di prezzi[...]ma se lo stato varasse un sistema di questo tipo andrebbe contro la sua stessa natura, fondata su quel sistema delle imposte che risulta interamente separato dall'abilità o meno di soddisfare i desideri dei consumatori.
[...]alla luce dell'inflessibilità dello stato e del suo apparente disinteresse nel venire incontro ai gusti del pubblico, come va considerato lo spargi-rifiuti? Lo spargi-rifiuti tratta la proprietà pubblica più o meno allo stesso modo in cui tratterebbe la proprietà privata, se solo ne avesse la possibilità. Vale a dire, ci sparge sopra la spazzatura. E' stato dimostrato che non vi è nulla di intrinsecamente malvagio in questa attività, e che se non fosse per la calcificazione governativa, essa sarebbe largamente accettata nell'arena pubblica, come lo è nell'arena privata. E' un'attività che andrebbe regolamentata secondo i bisogni degli individui, non per decreto statale.
Dobbiamo concludere, perciò, che lungi dall'essere un nemico della collettività, lo spargi-rifiuti sia in realtà un eroe. Il coraggio evidenziato dallo spargi-rifiuti, vista l'intensa campagna diffamatoria contro di lui, è notevole. E, più importante ancora, il comportamento dello spargi-rifiuti, che di proposito prende la legge nelle sue mani, può servire da protesta contro un sistema ingiusto.

L'acqua è un bene pubblico: e allora perchè ci vietano di usarla?

E' notizia di questi giorni che il Comune di Siena, in previsione della possibile crisi idrica, ha emesso un'ordinanza che pone limiti al consumo di acqua potabile nei mesi estivi.
Da libertari, profondamente convinti che un bene pubblico non sia tale in quanto offerto da enti pubblici, ma perchè nessuno possa sottrarlo al godimento dei cittadini, seguiamo da sempre con occhio scettico la montagna di retorica che accompagna il dibattito sull'acqua.

Più che un dibattito si tratta spesso di un soliloquio di quanti individuano un problema concreto -la scarsità dell'acqua in certi periodi e in certi luoghi, appunto- e individuano la soluzione in provvedimenti che ingigantiscono questa difficoltà fino a renderla palese, col divieto di consumo imposto con la forza.
Ciò che emerge da queste discussioni è infatti la necessità di socializzare un bene scarso come l'acqua al fine di sottrarla alla legge della domanda e dell'offerta: togliere l'acqua al mercato per consegnarla nelle mani di un monopolista che si occupi di calmierarne il prezzo, se non addirittura di assicurarne la gratuità.
Si tratta di una visione ingenua, ideologica e pericolosa, frutto di due gravi errori di metodo:
  • non tiene conto dell'aspetto economico, sostenendo una presunta diversità del bene in oggetto rispetto ad altri;
  • ritiene che la scarsità di acqua sia un problema assoluto, mentre si tratta per lo più di uno squilibrio nell'allocazione della risorsa.
Il motivo per cui si verificano le crisi idriche è, infatti, lo stesso che accompagna ogni crisi energetica: la richiesta di un bene supera la quantità disponibile di quel bene, ed equilibrare i due valori nel breve termine diviene apparentemente impossibile. Nel caso dell'acqua bisogna aggiungere anche l'inadeguatezza delle reti idriche, spesso fatiscenti, le cui perdite sono pari ai consumi di migliaia di individui.
Di fronte a questa situazione, due sono le risposte possibili: continuare a tenere artificialmente basso il prezzo dell'acqua e limitarne l'utilizzo entro certi limiti, o rimuovere le barriere al mercato, facendo sì che il prezzo dell'acqua oscilli secondo il rapporto domanda/offerta.
Le differenze tra queste due soluzioni sono enormi.
Con la prima non si fa che alimentare il circolo vizioso alla base della crisi: se i prezzi non sono liberi di variare, non possono svolgere il proprio ruolo di indicatore della scarsità di un bene.
La conseguenza, drammaticamente evidente nel caso delle risorse idriche, è che il consumo di quel bene non rispetta i parametri di razionalità imposti dal calcolo economico, e si assiste a continui sprechi che alimentando la scarsità ingigantiscono la crisi. Per cercare di porre un freno a questa scia di errori, si pensa quindi di limitare la libertà individuale in maniera del tutto arbitraria, vietando il consumo di acqua per certi tipi di uso e consentendolo per altri.
Il razionamento e i divieti sono quindi un tentativo, sbagliato e inutile, di risolvere un problema che le stesse istituzioni pubbliche creano controllando il mercato.
Vi sono migliaia di esempi al mondo di simili situazioni, risolte nel momento in cui i prezzi, lasciati liberi di oscillare, sono saliti, rendendo assai gravoso lo spreco.
Per rendere efficienti i consumi (specialmente in ambito agricolo, laddove le tecnologie di irrigazione usate sono spesso obsolete e “sprecone”) e per spronare a tamponare le enormi falle delle reti idriche, l'unica soluzione passa per privatizzazioni e liberalizzazioni autentiche.
Risparmiare acqua si può e si deve, ma lo si fa solo se è conveniente: il remoto pericolo di una multa difficilmente limiterà gli eccessi dell'uso comune, che vanno molto al di là del lavaggio di una macchina in giardino o del riempimento di una piscina per cercare un po' di refrigerio.

Noi stiamo con le vere vittime, gli onesti cittadini

Il Clan Libertario Toscano "Filippo Mazzei", appresa la tragica notizia della rapina a San Rocco a Pilli, nella quale uno dei due malviventi è rimasto ucciso da un colpo sparato dal gioielliere Gino Sestini, interviene per rimarcare la propria solidarietà verso quanti sono costretti, nella loro vita quotidiana, a fare i conti con la violenza.

"Gli uomini nascono con il naturale diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà -afferma l'amministratore del Clan, Leonardo Butini- per questo non si può che solidarizzare con il signor Sestini, il quale non ha fatto altro che difendere sè stesso e il proprio negozio da una violenta aggressione.
Quando la protezione delle forze dell'ordine non basta per fronteggiare la criminalità, che ormai raggiunge anche i più oscuri paesini della nostra amata Toscana, al cittadino non resta altra soluzione che l'autodifesa. Ci auguriamo che al signor Sestini vengano risparmiate le ripercussioni legali che troppo spesso accompagnano coloro la cui unica colpa è di vivere e lavorare in modo onesto, e rifiutare di piegarsi alla brutalità dei delinquenti".

4 luglio per spiriti liberi

Oggi, 4 luglio 2008, si celebra l'Independence Day, il giorno dell'Indipendenza delle 13 colonie americane dalla Gran Bretagna sancito ufficialmente nel 1776. Un giorno importante per chiunque ami la libertà, ma in particolare per noi del Clan Toscano. Filippo Mazzei fu infatti uno dei principali ispiratori dei Padri Fondatori statunitensi (che parlavano e scrivevano il toscano), grazie a quanto ebbe a scrivere il 6 maggio 1776 nelle Istruzioni dei possidenti della Contea di Albemarle ai delegati alla Convenzione: «Noi teniamo per certe queste Verità. Che tutti gli Uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili...»
È così che i pensieri di un immigrante toscano sono incarnati nel documento della fondazione degli Stati Uniti d'America: questo contributo è ammesso anche da John F. Kennedy nel suo libro Una Nazione di Immigranti in cui afferma che:
«La grande dottrina “Tutti gli uomini sono creati uguali” attribuita nella Dichiarazione di Indipendenza a Thomas Jefferson, è ripresa dagli scritti di Philip Mazzei, un patriota scrittore nativo dell'Italia, che era intimo amico di Jefferson.» (J. F. Kennedy, "Una Nazione di immigranti", Harper & Row, New York, pp. 15-16).

Eccola allora la famosa Dichiarazione, leggiamola insieme: ancora oggi, a 232 anni di distanza, abbiamo tutto da imparare.

In Congresso, 4 luglio 1776
Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo e assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata e uguale a cui le Leggi della Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell'umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.
Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono
creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi
diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finchè siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati.
Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo.
Quella dell'attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un'assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all'esame di tutti gli uomini imparziali e in buona fede.
1) Egli ha rifiutato di approvare leggi sanissime e necessarie al pubblico bene.
2) Ha proibito ai suoi governatori di approvare leggi di immediata e urgente importanza, se
non a condizione di sospenderne l'esecuzione finché non si ottenesse l'assentimento di lui, mentre egli trascurava del tutto di prenderle in considerazione.
3) Ha rifiutato di approvare altre leggi per la sistemazione di vaste zone popolate, a
meno che quei coloni rinunziassero al diritto di essere rappresentati nell'assemblea legislativa - diritto di inestimabile valore per essi e temibile solo da un tiranno.
4) Ha convocato assemblee legislative in luoghi insoliti, incomodi e lontani dalla sede dei loro archivi, al solo scopo di indurre i coloni, affaticandoli, a consentire in provvedimenti da lui proposti.
5) Ha ripetutamente disciolte assemblee legislative solo perché si opponevano con maschia decisione alle sue usurpazioni dei diritti del popolo.
6) Dopo lo scioglimento di quelle assemblee si è opposto all'elezione di altre: ragion per cui il Potere legislativo, che non può essere soppresso, è ritornato, per poter funzionare, al popolo nella sua collettività, - mentre lo Stato è rimasto esposto a tutti i pericoli di invasioni dall'esterno, e di agitazioni all'interno.
7) Ha tentato di impedire il popolamento di questi Stati, opponendosi a tal fine alle leggi di naturalizzazione di forestieri rifiutando di approvarne altre che incoraggiassero la immigrazione, e ostacolando le condizioni per nuovi acquisti di terre.
8) Ha fatto ostruzionismo all'amministrazione della giustizia rifiutando l'assentimento a leggi intese a rinsaldare il potere giudiziario.
9) Ha reso i giudici dipendenti solo dal suo arbitrio per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l'ammontare e il pagamento degli stipendi.
10) Ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi.
11) Ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell'autorità legislativa.
12) Ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.
13) Si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti a:
a) acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;
b) proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti di questi Stati;
c) interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;
d) imporci tasse senza il nostro consenso;
e) privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;
f) trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;
g) abolire il libero ordinamento dileggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed estendendone i confini si da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste Colonie lo stesso governo assoluto;
h) sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme dei nostri governi;
i) sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi caso.
Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.
Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del nostro popolo.
Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l'opera di morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.
Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi
per mano di questi.
Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione.
A ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe, il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a governare un popolo libero.
E d'altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri rapporti.
Anch'essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò, rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.
Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d'America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell'Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l'autorità del buon popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo: che queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre
alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare. E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza, reciprocamente impegnamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.

(Seguono 55 firme di Rappresentanti dei 13 Stati)

Quando sette mesi non bastano per un permesso: anche in provincia la burocrazia soffoca il cittadino!

La provincia senese, così conosciuta e venerata nel mondo per i suoi paesaggi impareggiabili meta di infiniti itinerari turistici, ha conosciuto negli ultimi anni le luci della ribalta in molte occasioni, nessuna delle quali per motivi lusinghieri.
Basta citare la crisi dell'industria locale, che mostra le falle di un capitalismo ipersindacalizzato e ammanettato da troppi vincoli e di un territorio isolato per l'incapacità di realizzare infrastrutture efficienti; oppure gli abusi edilizi, figli di una pianificazione criminale, che distruggono il paesaggio per alimentare il clientelismo tra amministrazioni e costruttori.

A malincuore, perchè certe storie non fanno che ingigantire il nostro senso di impotenza di fronte al mostro della politica e a ciò che essa produce, vi raccontiamo una storia degna di nota: la piccola frazione di Castel San Gimignano, non distante da quella Colle Val d'Elsa che costruisce grandiose moschee che nessun cittadino vuole, e da Casole -che degli abusi edilizi richiamati sopra è l'esempio più eloquente- sta vivendo in questi ultimi anni una sorta di rinascita: vi sono state costruite infatti numerose nuove abitazioni e con esse molti giovani sono tornati a popolare il paesino. Con i nuovi complessi residenziali sono tornati però a galla i vecchi problemi legati alla burocrazia: noi del Clan Libertario Toscano “Filippo Mazzei” siamo stati contattati in questi giorni da un gruppo di famiglie che risiedono in uno dei lotti di più recente costruzione nel Comune di Colle Val d’Elsa e che lamentano pesanti disservizi, in particolare per la perdurante assenza della linea telefonica. Da ben sette mesi dieci famiglie sono in attesa del nullaosta della Provincia di Siena, necessario affinché sia possibile iniziare quei lavori che consentiranno ai nuovi abitanti di poter avere, come tutti noi, una postazione telefonica fissa ed un computer.
Il motivo di un ritardo simile? La signora a cui sarebbe spettato sbrigare la pratica ha goduto di alcuni mesi di permesso per maternità, e quintali di pratiche si sono accumulati sulla sua scrivania a causa della incapacità della Provincia di sostituirla con qualcuno che fosse all’altezza. Ora sembra che la pratica possa essere archiviata a giorni, ma dopo serviranno l’autorizzazione del Comune ed ovviamente l’intervento sul posto della Telecom, azienda parastatale non certo rinomata per puntualità ed efficienza.
Nel frattempo, chi ha chiesto il trasferimento della linea continua a pagare il canone come se nulla fosse, mentre da una pericolosa buca sul ciglio della strada fuoriescono cavi e tubazioni che saranno impiegati nel corso dei lavori: se dovesse cadervi un bambino, da quale telefono i genitori chiameranno il pronto soccorso?

La burocrazia come sempre fa danni: fra permessi, firme e cartacce, a rimetterci è sempre il cittadino, nel mentre il silenzio dei partiti politici, capaci soltanto di tagliare le risorse che avrebbero dovuto collegare con un marciapiede le nuove abitazioni al centro del paese, diventa ogni giorno più assordante.

UPDATE

La nostra denuncia non è passata inosservata su giornali e siti web.

Tanto paga Pantalone

Un contributo, per carità, non si nega a nessuno…

firmato: Regione Toscana

E allora venghino venghino, dottori, contadini, donne, imprenditori, transessuali, musicanti e canterini: un sistema di aiuti imponente è per voi approntato dalla vacca Toscana, tutta da mungere...

In questo piccolo compendio, tratto da Il Tirreno di giovedì 19 giugno 2008, non c'è tutto -per una mappa completa degli sprechi ci sarebbe voluta l'enciclopedia- ma quasi; provate a consultarlo, chissà che non troviate qualcosa che faccia al caso vostro. Nel caso, ringraziateci: è bello sapere di pagar le tasse per un amico in più.

Agricoltori montani o svantaggiati. 100 € l' anno per ettaro di seminativo o pascolo aziendale vanno alle aziende delle zone di montagna o svantaggiate.
Agriturismo. Se avete un'azienda agricola e volete aprire un agriturismo potete ottenere un contributo a fondo perduto fino al 40% del costo totale per un massimo di 200mila €.
Ammodernamento aziende agricole, un contributo a fondo perduto arriva fino a un massimo di 300mila € (500mila nell'intero periodo 2007/2013). Per cosa? Per l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione o l'ampliamento di fabbricati, il miglioramento dei pascoli, l' acquisto di nuovi macchinari.
Centri commerciali naturali. Per aprirli, la Regione offre un contributo che può raggiungere 150mila €
Disoccupati. Agli iscritti nei centri per l’ impiego di Pistola, Arezzo, Livorno e Grosseto, di età compresa tra i 18 ed i 35 anni, alle donne in reinserimento lavorativo e ai lavoratori atipici la Regione offre una carta prepagata di 2.500 €, da spendere per attività di formazione.
Donne over 35. 2500 € vanno alle aziende che assumono donne over 35 part-time, e 4000 euro se l'assunzione è a tempo pieno.
Foreste da valorizzare. Per chi ha una foresta da sistemare e valorizzare la Regione offre un contributo a fondo perduto fino a 300mila €
Foreste da ricostruire. Chi invece deve realizzare opere per la prevenzione dagli incendi ed altre calamità naturali può contare su un contributo fino a 300mila €.
Formazione individuale. Ai lavoratori che intendono aggiornare la propria professionalità va un assegno personalizzato fino a 3mila € per coprire i costi di frequenza dei corsi di formazione.
Giovani agricoltori. Una tantum di 40mila € agli aspiranti agricoltori di età inferiore a 40 anni.
Giovani imprenditori. Finanziamento a tasso zero per il 70% degli investimenti per le imprese nelle quali i titolari, i rappresentanti legali e almeno la metà dei soci non hanno più di 35 anni.
Legalità democratica. I progetti sulla legalità democratica possono ottenere fino a 15mila € a testa.
Master e dottorati. Offresi assegno personalizzato non superiore ai 4mila € per le spese di iscrizione ai corsi.
Mobilità internazionale per giovani. C'è un finanziamento, fino a 20mila €, per laureati under 35 che vogliono seguire corsi di alta formazione all'estero.
Pannelli fotovoltaici. Per il solare termico l'aiuto è in termini percentuali sul costo di installazione, fino al 20%, fino a 5mila €.
Nidi. Si può avere un assegno di 3mila €, destinato alle famiglie che non hanno trovato un posto al nido per il loro bambino.
Neolaureati. Alle aziende vanno 4mila € per ogni assunzione a tempo pieno e 2.500 € per ogni assunzione a tempo parziale. Le assunzioni devono essere a tempo indeterminato «di neolaureati da impegnare in mansioni di elevata complessità, tali da richiedere una formazione di livello universitario».
Qualità alimentare. E' disponibile un contributo a fondo perduto di 3mila € l' anno per un massimo di cinque anni per ottenere la certificazione per il biologico, Dop, Igp, Stg, Doc, Docg e Agriqualità.
Studentesse scientifiche. Ci sono 1.100 € per le ragazze che si iscrivono a un corso di laurea triennale in Chimica, Chimica applicata, Fisica, Ottica, Matematica, Statistica, Ingegneria.
Stabilizzazione. 900 € vanno a chi trasforma contratti a termine in contratti a tempo indeterminato.
Trans. C' è una card prepagata di 2.500 € per transessuali e transgender da spendere in attività formative.
Valore aggiunto. Si può chiedere un contributo a fondo perduto fino al 40% del costo fino a un massimo di 1,5 milioni l'anno e 4,5 nel periodo 2007/2013 per investimenti per la raccolta e la trasformazione dei prodotti agricoli.

Dulcis in fundo, 360MILA A BANDE E CORI…e ai toscani nel mondo una fetta da 800mila euro.

Le vie del contributo, lo si evince chiaramente, sono infinite. Vediamo anche alcune «opportunità» gestite in maniera indiretta:

Spettacoli. Dalla Regione, che li trasferisce alle Province a cui spetta distribuirli, arrivano 360mila euro l' anno per i contributi di sostegno alle bande, ai cori e alle scuole di musica, mentre altri 1,7 milioni sono destinati alla prosa, alla danza e alla musica.
Toscanità. Ai toscani nel mondo vanno un bei po' di soldi: oltre 805mila euro l’anno tra contributi ad associazioni, a singoli e per corsi. La metà di questi finanziamenti va alle iniziative di formazione di lingua e cultura per i giovani; in particolare, 320mila € sono riservati ai corsi di formazione linguistico-culturale, per i quali la Regione paga non solo la frequenza al corso ed il soggiorno in Toscana ma copre al 50% anche le spese di viaggio. In questo modo - si spiega - un centinaio di giovani oriundi riprendono contatti con la loro terra d'origine.

Eccolo qua il segreto dello strapotere rosso sulla nostra terra: una pioggia di quattrini distribuiti a destra e sinistra in cerca di consensi e voti di scambio. La Toscana è diventata così una vera e propria Regione fondata sul furto, quello perpetrato quotidianamente ai danni di cittadini sempre più tassati e tartassati: come scriveva Frédéric Bastiat “…la chimera del giorno è di arricchire tutte le classi a spese le une delle altre; è di generalizzare la Spoliazione sotto pretesto di organizzarla. Ora la spoliazione legale può esercitarsi in una infinità di maniere; da qui una moltitudine infinita di piani di organizzazione: premi, protezione, sovvenzioni, incoraggiamenti, imposta progressiva, istruzione gratuita, diritto al lavoro, diritto al profitto, al salario, all’assistenza, a strumenti di lavoro, gratuità del credito ecc. Ed è l’insieme di tutti questi piani, in ciò che hanno in comune, la spoliazione legale, che prende il nome di Socialismo.”
Quel socialismo che maschera l’enorme furto legalizzato perpetrato dalla Regione “sotto nomi seduttori come fraternità, solidarietà, organizzazione, associazione. E siccome noi non domandiamo tanto alla legge e non esigiamo da essa che la Giustizia, esso suppone che noi respingiamo la fraternità, la solidarietà, l’organizzazione e l’associazione, e ci getta in faccia l’epiteto di individualisti. Che sappia quindi che ciò che noi respingiamo non è l’organizzazione naturale, ma quella forzata. Non è l’associazione libera, ma la forma di associazione che esso pretende di imporci. Non è la fraternità spontanea, ma quella legale. Non è la solidarietà provvidenziale, ma quella artificiale che non è che uno spostamento ingiusto della responsabilità”.


E noi chi dovremmo arrestare?

E' con piacere che ricevo e pubblico questo splendido e provocatorio pezzo scritto da Romano Redini, socio fondatore del nostro Clan Mazzei. Buona lettura a tutti voi.


Il 5 Marzo 2008 due città del Vermont, Brattleboro e Marlboro, hanno votato un referendum per far arrestare Bush e Cheney, Presidente e Vice Presidente degli Stati Uniti. L’accusa è di “crimini contro la Costituzione”. La polizia locale è stata allertata per l’ esecuzione del mandato e da allora, sarà un caso, ma Bush e Cheney non hanno messo più piede nel Vermont. Le due città si son richiamate al fatto che «Una costituzione non è l’atto di un governo, ma l’atto di un popolo che crea un governo: un governo senza costituzione è un potere senza diritto…» (T. Paine, 1771). E chi si mette fuori della Costituzione va arrestato.
Lasciando da sola la politica, intesa come rappresentanza elettiva, essa non ha altra giustificazione che l' autoreferenzialità. Ogni cosa le è permessa ed è inutile lamentarsi. Soprattutto quando più che di interessi dei cittadini si tratta delle ragioni della stessa classe politica, dalla legge elettorale al finanziamento dei partiti, dalle diarie alle previdenze, in una parola dei costi della politica.
Lasciare che siano gli stessi corpi politici ad assegnarsi liberamente posti, denari e benefici, senza alcun tipo di controllo, è la causa prima del formarsi di quel mondo separato dalla vita dei cittadini; la famelicità, la supponenza, la disonestà, sono conseguenze discendenti dal disinteresse dei cittadini, paghi solo di aver dato un voto. "Ogni cinque anni gli elettori fanno la loro croce; e dopo la devono portare." (Birgit Berg-Khoshnavaz) " e chi lavora non sa fare altro, nemmen difendersi dai ladri"...
Le leggi elettorali, per es., dovrebbero essere costituzionalizzate e si eviterebbe così il cambiamento ad ogni legislatura. [Costituzionalizzare una legge significa sottoporla al voto popolare e recepirla solo se approvata dalla maggioranza dei votanti; e solo la maggioranza dei votanti la potrà in seguito abrogare o modificare - cosa inaudita per l’ Italia!].
Le denunce pubbliche di questi tempi sono la riprova non tanto o soltanto delle malefatte della Casta, quanto piuttosto della dabbenaggine degli elettori. I quali avrebbero dovuto sapere che quando mancano i gatti, i topi ballano, e l'ordinaria dialettica tra destra, sinistra, centro e dintorni, cessa del tutto in nome di una tacita complicità. La democrazia rappresentativa, un simulacro atto a spacciare una dittatura collegiale (ma la tendenza è il bipolarismo; in due ci s’ accorda meglio) porta inevitabilmente agli abusi ultimamente denunciati. Ma si può risalire agli albori di questo Stato, andando a ritroso di abuso in abuso delle caste d’ ogni tempo, fino all’ abuso epocale dell’ unità statale. Mai il Popolo ha avuto sentore di sovranità, poiché sempre è stato servito da fedeli servitori tuttofare, senza mai realizzare che un Popolo, vero, si serve da solo; non ha bisogno di servitori, sia pure fedeli.
Ora, come sempre, ci si perde in chiacchiericci che vanno al nulla eterno, in un vuoto e futile scandalizzarsi... Scandalizzarsi di che? in definitiva di non aver mai messo in essere degli strumenti di controllo che la sovranità popolare, quella vera, non quella impastoiata all’ art. 1 della Costituzione, avrebbe dovuto suggerire.
Ora ditemi, chi sono i veri colpevoli? Chi ha votato in tutti questi anni le caste del momento, spesso per inconfessabili motivi, per semplice scempiaggine o addirittura per stupida tifoseria..? o chi non ha votato? Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti, e taccia!
Thomas Jefferson divide gli uomini «in due fazioni: coloro che temono il popolo, perché non ne hanno alcuna fiducia e desiderano togliergli tutto il potere per porlo nelle mani delle classi alte, e coloro che si identificano con il popolo, si fidano di esso, lo apprezzano e lo considerano come il depositario più vero ed onesto dell' interesse pubblico.»
Voi con chi state?

Romano Redini

Il vero mostro è Realacci

Legambiente ed Ermete Realacci, ministro per l'ambiente del "governo ombra" del Pd, tuonano contro gli ecomostri e gli abusi edilizi in Toscana: in ballo c'è la solita pioggia di quattrini, in questo caso quelli che avrebbero dovuto essere destinati al fondo per le demolizioni delle opere abusive e a quello per il ripristino del paesaggio, e che invece sembra verranno tagliati dal governo Berlusconi.


Alcuni dei "mostri" su cui viene focalizzata l'attenzione costituiscono in effetti uno scempio, inseriti come sono nello splendido paesaggio toscano, ma a preoccupare è la vecchia concezione ideologica sottesa a certe dichiarazioni: quando si scagliano contro i "pirati del mattone", Realacci e soci sembrano ancora offuscati dalla vecchia avversione comunista nei confronti della proprietà privata e verso tutto quanto sia figlio della libertà individuale anziché di una pianificazione di stampo sovietico.

Nell'edilizia, come in qualsiasi altro campo, l'ordine è figlio della libertà.
La pianificazione risulta sempre incapace di fornire quelle risposte che sgorgano invece spontaneamente dalla libera interazione fra individui in un contesto di libero mercato, in quanto i pianificatori non possono mai possedere le informazioni necessarie a prendere decisioni a livello decentrato. La conoscenza di cui necessiterebbero, che è una conoscenza strettamente esclusiva e tacita, quindi non articolabile, è infatti dispersa fra migliaia di individui, come ci spiega perfettamente la Scuola Austriaca di economia con i suoi maestri Mises ed Hayek, e pertanto non è possibile disporne o considerarla come "data", sì da redigere un piano d'azione coerente e adatto a tutti.

I "nostri" sono invece ancora convinti che una pianificazione minuziosa possa risolvere qualsiasi problema e che il socialismo possa scongiurare operazioni ad alto impatto ambientale: peccato che i peggiori scempi che la storia ricordi siano figli proprio della pianificazione statale…il "Vinosauro" di Radda in Chianti ne è per l'appunto un luminoso esempio: costruito dal Ministero dell'Agricoltura e mai portato a termine su un territorio prima di proprietà dello Stato, poi della Regione, se ne chiede l'abbattimento addirittura dal 1988, ma evidentemente l'occasione è buona per dare addosso al governo appena insediatosi.

Oltre all'impossibilità della pianificazione centrale, che crea sempre distorsioni e tensioni, a pesare in negativo sul piatto della bilancia è una legislazione in materia edilizia che si fa continuamente più oppressiva ed assurda, costringendo spesso i privati cittadini a "disubbidire". Trattasi in molti casi di leggi e regolamenti imposti per il gusto di imporre, privi di vere e solide motivazioni ma legati soltanto al capriccio e alle manie del potente di turno e alla continua smania della Casta di gestire le nostre esistenze, regole che non solo è inevitabile aggirare, ma addirittura moralmente doveroso calpestare, se vogliamo che i nostri diritti di proprietà continuino ad avere quantomeno una parvenza di rispetto.
Questo non significa che il verde delle nostre colline debba e possa essere ricoperto di cemento in maniera indiscriminata, i diritti di ciascuno devono essere rispettati, ma non è seguendo i "socialisti in salsa verde" che potremo mantenere intatto il millenario splendore della nostra Toscana.
Realacci non ci angosci con i suoi gusti in tema di edilizia…se fossero gli stessi che lo spingono a presentarsi in pubblico con un look quantomeno mostruoso, sarebbero veramente dolori.

Atto costitutivo

Domenica 22 giugno 2008, riuniti a Empoli, posta nel cuore della Toscana, noi sottoscritti liberi Toscani costituiamo il Clan Libertario Toscano “Filippo Mazzei” (CLT).
Ripartiamo da questa città emblematica, epicentro dell'egemonia delle ideologie totalitarie del “Secolo breve”; sede di partecipate che incarnano la pervasività dei poteri pubblici a scapito delle libertà personali e della proprietà privata; ancora oggi roccaforte elettorale di forze postcomuniste, reazionarie, stataliste.
Seguendo l'esempio datoci dalla vita e dagli scritti del nostro antenato, l'imprenditore, agricoltore, filosofo, patriota della Toscana e della Virginia, amico e collaboratore di Thomas Jefferson, Filippo Mazzei, lanciamo la nostra sfida nonviolenta di liberazione per la riconquista della nostra indipendenza.
I Toscani, le loro imprese e le loro comunità, sono oppressi da un conformismo politico che disprezza l'individuo e conculca i suoi diritti alla vita, alla libertà, alla ricerca della felicità; dallo statalismo e dalle burocrazie internazionali, europee, italiane, regionali, provinciali, circondariali; dallo spadroneggiare di oligarchie partitocratiche, sindacalistiche, corporativistiche, che campano sulle spalle di chi lavora e produce; dalla vile rassegnazione ai guasti morali di una politica orwelliana che chiama “solidarietà” gli innumerevoli sprechi e che lascia distruggere ciò che è di tutti come se fosse di nessuno.
Il CLT "Filippo Mazzei" si impegna a riscoprire e a vivificare i legami profondi fra le radici dell'individualismo e dello spirito spontaneamente anarchico dei Toscani e il pensiero liberale classico, il liberalismo antirivoluzionario anglosassone, il federalismo svizzero, il libertarismo statunitense dei Padri Fondatori, che parlavano e scrivevano il Toscano, la scuola austriaca e i suoi precursori, i lavori antiutopistici e antitotalitari di scrittori come George Orwell e Ayn Rand, fino al libertarismo contemporaneo di Murray N. Rothbard.
Il CLT si propone come strumento per il ripristino della intangibilità della proprietà privata, della centralità sociale dell'intrapresa, dello storico autogoverno delle nostre comunità, del nostro senso civico che continuamente si rinnova, appena si attenua l'oppressione e ritorniamo al nostro innato senso di libertà e responsabilità individuale.
Siamo contro lo stato, che se non fermato, continuerà ad arruolare funzionari, a moltiplicare norme, provvedimenti inutili, privilegi intollerabili, dirompenti ingiustizie e invidie sociali, fatalmente sempre più invasivo, opprimente, violento.
Il CLT dialogherà e coopererà, a tutto campo, con ogni altra forza civica, sociale e politica della Toscana, che condivida ideali - ma soprattutto concreti e specifici obiettivi - libertari, liberali, liberisti e finanche libertini. Parola toscana quest'ultima, con la quale furono chiamati nel 1500 i patrioti repubblicani senesi e toscani impegnati nell'eroica resistenza contro la corruzione papale, la dittatura medicea, l’occupazione straniera.
Il CLT ha l'ambizione di gettare sulla vita toscana contemporanea uno sguardo critico, costruttivamente riformatore, anticonformista, irriverente, intransigente, con la speranza di far rifiorire nella nostra terra, come le piantine che Filippo Mazzei portò con sé nel Nuovo Mondo, i frutti della libertà.
I sottoscritti soci fondatori nominano amministratore unico del Clan, il sig. Leonardo Butini.
All'amministratore unico è dato pieno mandato di provvedere all'avvio del Clan come associazione di fatto, federata con il Movimento Libertario italiano.
I sottoscritti soci fondatori e costituenti si sono iscritti al Movimento Libertario sottoscrivendo lo Statuto nazionale e versando all'amministratore unico le relative quote.
In attesa del prossimo congresso libertario nazionale e della prima assemblea costituente del Clan Libertario Toscano “Filippo Mazzei”, i nuovi aderenti si iscriveranno presso l'amministratore unico con modalità analoghe a quelle seguite sinora.
L'amministratore unico custodisce le quote sociali versate ed esercita il ruolo di tesoriere, che potrà eventualmente delegare. Tali quote sono così ripartite: il 70% sarà destinato al Movimento nazionale ed il rimanente 30% al nostro Clan.
Alla prima assemblea costituente sarà responsabilità dell'amministratore unico, o del tesoriere da lui eventualmente nominato, di presentare il bilancio consolidato.
L'amministratore unico potrà avvalersi dell'aiuto dei soci fondatori, firmatari del presente atto costitutivo, che sono costituiti come consiglio direttivo provvisorio del Clan.
In caso di inattività o qualsiasi impedimento dell'amministratore unico, prolungatosi oltre i cento giorni, il consiglio direttivo provvisorio potrà sostituirlo, con un atto scritto, motivato, controfirmato dalla maggioranza assoluta dei soci fondatori che ne sono membri.
La sede sociale provvisoria è presso la residenza dell'amministratore unico.
Entro tre anni dalla sottoscrizione del presente atto costitutivo e comunque entro e non oltre sei mesi dal raggiungimento del numero di cento aderenti, l'amministratore unico dovrà convocare l'assemblea generale dei soci per le ulteriori determinazioni necessarie al raggiungimento dei comuni obiettivi di libertà.
Eventuali dispute interne, conflitti di competenza fra organi, problemi interpretativi del presente atto, saranno affidati esclusivamente all'arbitrato dell'amministratore delegato del Movimento Libertario italiano, il cui lodo sarà inappellabile.
Il presente atto è redatto in una unica copia, letta e approvata in ogni sua parte dai soci fondatori costituenti, che ne siglano ogni pagina e lo sottoscrivono.