I libertari e i politici toscani: conversando con... Alessandro Antichi

Con questa intervista, che nelle nostre intenzioni vorrebbe diventare la prima di una lunga serie, comincia il cammino del Clan Libertario "Filippo Mazzei" alla scoperta di alcune personalità del panorama politico toscano, anche in vista della grande tornata di amministrative che vedrà milioni di toscani al voto nel prossimo giugno per il rinnovo dei consigli comunali e provinciali. La scelta degli intervistati si basa su un criterio molto semplice: cercheremo infatti di porre domande a coloro che, per il loro percorso culturale e/o politico, si sono dimostrati più vicini di altri alle istanze liberali, sia nelle discussioni interne ai loro partiti, sia nelle eventuali esperienze amministrative. Ci sembra tuttavia doveroso puntualizzare che la stima verso i princìpi o la pratica politica degl'intervistati non costituisce in nessun modo un endorsement da parte del Clan. Ci asterremo infatti sia dalle dichiarazioni pubbliche di voto, sia dai giudizi sulle risposte ricevute, lasciando che il lettore possa valutarle autonomamente. Buona lettura.



Inauguriamo la rubrica intervistando Alessandro Antichi, esponente del Popolo della Libertà.
Il suo curriculum politico è di tutto rispetto, considerato che l'inizio del suo impegno pubblico risale solo al 1995: già sindaco di Grosseto per due mandati, è attualmente consigliere regionale e candidato alla presidenza della Provincia di Grosseto in occasione delle prossime amministrative. Per conoscerlo meglio e seguire la sua campagna elettorale per le elezioni provinciali del prossimo 6-7 giugno 2009, visitate il suo sito: http://www.alessandroantichi.org .

Alessandro Antichi, da sempre lei è considerato un "liberale D.O.C.": vista la confusione semantica che negli ultimi anni si è ingenerata attorno a tale termine, utilizzato oggi per indicare tutto ed il contrario di tutto, ci spieghi cosa significa davvero, per lei, essere liberali.

L'adesione a una visione genericamente liberale della vita e della politica è diventata sempre più ampia e sempre più trasversale. Questo non è certo un male!

Tuttavia c'è una politica liberale che è qualcosa di più preciso. E' più una scelta di parte, che un terreno comune. Sto parlando della preferenza per quello che in tutto il mondo occidentale è chiamato limited government, contrapposto al big government.

Tutti coloro che sono politicamente e propriamente liberali, liberisti e libertari, tendono verso meno governo, meno tasse, meno spesa pubblica.

L'espansione dell'interposizione pubblica, invece, cioè quella spirale che spinge verso tasse più alte e verso una spesa pubblica crescente, è il frutto di un'altra storia politica, ispirata a valori sociali e socialisti.

Fra le due tendenze non ci sono sempre divisioni così nette e, anzi, spesso, il vero riformismo è molto trasversale e le attuali forze politiche della scena italiana hanno certamente radici più variegate e una composizione più complessa. Tuttavia fra le due correnti, per quanto mi è dato di vedere e di capire, del nostro attuale momento politico toscano e italiano, una chiara discriminante c'è.

Essere di “parte liberale”, per molti e fra questi anch'io, è credere nella diminuzione dell'interposizione pubblica nell'economia e nella società. E' volere il ridimensionamento della intermediazione politica, attraverso la restituzione di sovranità e libertà alle persone, alle famiglie, alle imprese, alle comunità.

Una politica liberale lavora per assicurare condizioni di sempre maggiore libertà, in cui la naturale capacità progettuale degli individui, dei gruppi, delle comunità, possa dispiegarsi senza condizionamenti da parte delle burocrazie e del potere politico.

Man mano che si affermerà, anche in Toscana e in Italia, un moderno bipartitismo, credo che i due maggiori partiti finiranno per essere entrambi più liberali, ma uno di essi, e credo che sarà il nostro costituendo Popolo della Libertà, sarà quello che naturalmente spingerà di più verso la libertà individuale, in particolare verso la sburocratizzazione e la spoliticizzazione della vita economica.


Lei dice? Negli ultimi mesi i vertici del PdL sembrano essersi allontanati dal liberalismo delle origini, quel "meno Stato" che nel 1994 campeggiava su ogni manifesto e risuonava nei canali tv, e che oggi si è trasformato invece in "più Stato", come mostrano i recenti aiuti alla Fiat e all'Alitalia e le sortite del ministro Tremonti. Se è vero che la crisi economica costituisce un banco di prova impegnativo per ogni Governo, che si ritrova "tirato per la giacca" un po' da tutte le parti, ci sembra anche di poter dire che allo spirito antistatalista con cui era nata questa esperienza sia comunque stato inferto un colpo pesantissimo. C'è ancora spazio per i liberali nel PdL?

Il PdL è la naturale evoluzione di Forza Italia. E' e resta un movimento popolare e liberale di massa. Le scelte contingenti che vengono fatte davanti alla crisi da questo Governo possono sembrare ispirate a un qualche “interventismo”, ma in realtà, a ben vedere, né Tremonti, né nessun altro nel governo Berlusconi IV stanno operando per una espansione “keynesiana” della spesa pubblica. Cosa che, peraltro, per un paese che ha il nostro livello di debito pubblico, mi pare difficile da immaginare.

Si cercano, al contrario, delle strade serie di sburocratizzazione e diminuzione dei costi della politica. Segnalo, fra i tanti progetti sul tavolo, la proposta Valducci per un drastico sfoltimenti di tanti enti inutili.

Si stanno studiando ammortizzatori sociali più moderni, distribuiti con maggiore equità, che non vadano sempre a vantaggio delle solite categorie ipergarantite e delle solite grandi aziende che hanno sempre ricevuto dallo stato, storicamente, maggiore protezione e condizioni di favore.

Forse sarebbero necessarie politiche più avanzate e riforme antistataliste più profonde, ma la direzione di fondo è quella giusta. Liberale è il codice genetico che caratterizza la stragrande maggioranza degli esponenti del PdL, che restano saldamente ancorati alla loro originaria ispirazione.

Anche negli enti locali, specialmente in quelli della nostra Toscana che non hanno ancora conosciuto l'alternanza e che sono rimasti per un sessantennio sotto l'egemonia della vecchia sinistra postcomunista, il PdL e i suoi alleati civico-liberali possono portare una svolta liberale. Dobbiamo estendere a tutti i comuni e a tutte le province un governo più liberale nel senso più classico: dai cittadini, dei cittadini e per i cittadini, fondato sull’ascolto di tutti, la “animazione” della comunità, la liberazione di tutte le energie individuali.


Lei è il candidato per il PdL alle prossime elezioni provinciali di Grosseto. Ci dica tre punti fondamentali attorno ai quali si snoderebbe la sua attività qualora dovesse essere eletto.

Primo, più libertà economica: meno tasse, meno spesa corrente e più qualificata ed orientata; meno burocrazia; meno vincoli all’iniziativa privata attraverso la revisione degli strumenti di programmazione provinciale. Secondo, uso delle risorse pubbliche per creare beni collettivi durevoli e produttivi, infrastrutture materiali ed immateriali. Terzo, fare ogni possibile passo avanti per cambiare in senso liberale la (vasta) economia dei servizi pubblici locali: gli enti locali si limitino alla programmazione e si impegnino per la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi di competenza. Se posso aggiungere qualcosa...


Prego...

La provincia di Grosseto dovrà guidare un processo partecipativo complesso per localizzare e far finalmente partire diverse importanti opere che aspettano da anni (centrali, impianti di smaltimento, vie di comunicazione, ecc.). Dovremo dimostrare di saper coinvolgere, in decisioni pesanti e importanti, che ricadranno anche sulle generazioni future, tutti gli interessati: residenti, proprietari, costruttori, tecnici, scienziati, comunità e territori. Costruendo un autentico consenso e assicurando a tutti la tutela di proprietà, beni e valori. Per me è una grande sfida: voglio poter dimostrare l'efficacia di una visione liberale anche nella soluzione dei grandi problemi ambientali, infrastrutturali, territoriali. Chiedo aiuto a tutti i liberali, liberisti e libertari toscani: aiutatemi, con il vostro contributo di pensiero, di azione, di critica, di creatività e imprenditorialità. Crediamoci e vinciamola insieme.


In Italia il libertarismo, specialmente grazie al Movimento Libertario di Leonardo Facco, sta facendo lentamente ma inesorabilmente continui passi in avanti. Quali prospettive intravede per i "libertarians" nel nostro Paese, ed in particolare nella nostra Toscana?

La naturale diffidenza e irriverenza dei Toscani verso ogni forma di potere, potrebbe essere un fecondo terreno di coltura del libertarianesimo. C'è una radice profonda della nostra gente che si è sempre definita giustamente libertaria, che si ricollega direttamente alle grandi rivolte “libertine” del nostro passato, come quella di Siena del 1555, e, scavando nella nostra storia, con tradizioni e libertà ancora più antiche.

La vecchia sinistra toscana, non dimentichiamolo, si è sempre presentata come “libertaria”, per legittimarsi come erede della storia politica della nostra terra. Oggi, un mutamento di prospettiva, dopo la fine dell'egemonia culturale postcomunista, potrebbe consentire sviluppi insperati.


Siamo giunti alla conclusione di questa conversazione. Ci lasci con una citazione: quali sono le parole di un "grande" che si porta sempre con sé, nella sua esperienza di vita quotidiana?

Una frase di S.Agostino: “Remota iustitia itaque, quid sunt regna nisi magna latrocinia? Quia et ipsa latrocinia quid sunt. nisi parva regna?”. Senza giustizia (e libertà!), cosa sono gli stati, se non una organizzazione per rubare in grande stile al popolo? Del resto, una grande banda di ladri, non somiglia forse, in se stessa, a un piccolo stato?


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