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Nel frattempo abbiamo provveduto a dotare il sito di una grafica provvisoria, senz'altro meno comoda e accattivante ma validissima per consentire la visualizzazione degli articoli.

Ci scusiamo per l'inconveniente coi nostri lettori.

Il Clan e i politici toscani: conversando con... Marco Perduca

Continua il viaggio del Clan Libertario "Filippo Mazzei" all'interno del cosmo politico toscano attraverso le interviste ad esponenti dei diversi schieramenti che negli anni si sono distinti per le loro prese di posizione in senso liberale. Ringraziando i politici che ci hanno concesso il loro tempo, ribadiamo che pubblicare non significa automaticamente condividere le parole degl'intervistati, nonostante ci si astenga dai commenti, e che il Clan è e resterà indipendente da tutti i partiti politici.

E' il turno di Marco Perduca, membro del Partito Radicale Transnazionale e segretario della Lega Internazionale Antiproibizionista, eletto al Senato della Repubblica nell'aprile 2008 nelle fila del Partito Democratico all'interno della delegazione Radicale nel PD.
Per ulteriori informazioni sull'attività politica di Perduca rimandiamo al suo blog, molto puntuale e aggiornato con buona regolarità: http://perdukistan.blogspot.com.

Senatore Perduca, lei fa parte del Partito Radicale: ci spieghi brevemente cosa significhi oggi essere radicali.
Innanzitutto chiariamo che essere Radicali vuol dire avere la tessera annuale del Partito Radicale, cioè aderire annualmente a un partito -senza disciplina - che attraverso le mozioni dei suoi congressi fissa obiettivi puntuali. Quindi chiunque può far parte del Partito Radicale indipendentemente dalle convinzioni e dalle militanze politiche.

I Radicali sono famosi per le loro accese battaglie sulle cosiddette "libertà civili", nel corso delle quali si parla spesso dello "Stato laico" come unico possibile garante dei diritti individuali. Da libertari sanamente scettici nei confronti di qualsiasi forma di Stato, sia esso laico o teocratico, le chiediamo: non si rischia di combattere per la forma anziché per la sostanza? Per essere più chiari: il proibizionismo dei cattolici è differente da quello dei salutisti laici? Possibile che l'8 per mille sia più importante del restante 992?
Diciamo che teoricamente si potrebbe essere d'accordo con l'inutilità di un'amministrazione centrale, anche quella condominiale, perche nessuno meglio dell'individuo può badare ai propri interessi che l'individuo stesso. Teoricamente. Dal momento però in cui si vive assieme ad altri, molti altri, che non sempre abbiamo scelto come vicini o compagni di strada, si pone il problema di trovare la forma migliore per poter garantire il godimento di quei diritti civili che col tempo gli individui hanno voluto e saputo codificare nel tentativo di tutelarsi dallo "stato". L'aggettivo laico è quindi relativo al comportamento dello "stato" non alla sua connotazione "non religiosa", laicamente lo "stato" deve applicare leggi che limitino la libertà individuale, anche quella dello "stato", ogni qual volta questa invada la libertà di un altro individuo. Perché questo meccanismo possa funzionare, è necessario finanziarlo. Certo, ma anche qui torniamo alla teoria, in democrazia il cittadino dovrebbe essere poter messo in condizione di eleggere i propri legislatori e governanti, confermandoli o cambiandoli, anche in base ai risultati da loro ottenuti nell'affermazione delle libertà individuali col danaro "pubblico".

Lei è stato eletto Senatore nel corso delle ultime elezioni politiche: quali sono le iniziative che ha intrapreso in questi primi mesi in parlamento, e quale tra queste potrebbe essere considerata il suo "fiore all'occhiello" da un punto di vista liberale? Cosa intende fare per la Toscana, visto che è stato eletto nella nostra circoscrizione?
Premesso che ai cittadini del collegio toscano e' stata data la possibilità della ratifica di una decisione presa da capi di partito e che quindi né io, né i miei colleghi eletti in Toscana agiamo in un regime in cui il territorio possa beneficiare delle iniziative di un singolo parlamentare, mi risulta difficile parlare di fiori all'occhiello relativamente alla lotta politica; credo però che l'iniziativa, e per certi versi anche il successo, più significativo sia stato l'aver posto con la nonviolenza, l'iniziativa politica e parlamentare il rispetto della legalità costituzionale contro il boicottaggio dell'istituzione della Commissione di vigilanza sulla RAI e la non elezione del giudice della Corte Costituzionale. Non solo si è riusciti a far eleggere il giudice, tra l'altro l miglior giudice possibile (ma non era questo il nostro obiettivo), ma credo che in parte si sia posto fine a una vacatio che durava da 18 mesi, aprendo qualche contraddizione tra i Partiti politici. Adesso bisognerebbe tentare di fare altrettanto su questioni regionali. Vivendo a Roma ho poco il polso della situazione locale, ma marco.perduca@senato.it è a disposizione di segnalazioni e suggerimenti.

Il filosofo libertario Lysander Spooner sosteneva che "i vizi non sono crimini", perchè sono quelle azioni con le quali un uomo danneggia se stesso o i suoi averi, e non la persona o gli averi di un altro. Spesso i limiti fra l'una e l'altra tipologia di azioni sono però estremamente labili: ritiene utili i nuovi limiti alcolemici che il Governo vorrebbe introdurre a breve? Come conciliare la libertà di bere un bel bicchiere di Chianti con la sicurezza invocata a gran voce da chi teme, per sé e per i propri figli, le oramai famigerate "stragi del sabato sera"?
Perché ci sono le stragi del sabato sera? Ma non eravamo in emergenza stupri dei rumeni? Non credo che le varie emergenze che vengono imposte a reti unificate siano in realtà tali - dati alla mano sarebbero infatti tutte facilmente smontabili, ad averne l'opportunità - credo però che comportamenti che possano avere delle ripercussioni, dirette o indirette, volontarie o involontarie, su altri debbano essere regolamentate nel tentativo di ridurre i danni arrecabili all'altro e, credo, a se stessi, specie se ci son di mezzo sostanze che alterano percezioni e riflessi.

Veniamo alle "libertà economiche", a cui noi libertari teniamo molto ma che purtroppo in Parlamento sembrano trovare sempre meno sostenitori: in un tempo dove a farla da padrone sembra essere il pensiero neokeynesiano, i radicali si considerano ancora liberisti?
I Radicali non si considerano, né proclamano, liberali, liberisti e libertari, si pongono degli obiettivi di riforma che possano consentire un godimento regolamentato delle varie libertà individuali tra le quali, naturalmente, vi sono anche quelle economiche. Ci tengo però a sottolineare come il liberismo sia politica economica e non economia politica, si tratta quindi, paradossalmente, di andar contro il laissez faire, tanto quanto il collettivismo, perché entrambi alla merce' dell'abuso delle posizioni dominanti - vuoi le grandi multinazionali, vuoi lo "stato" - che non può che andare contro gli interessi del cittadino.

Noi riteniamo che uno dei principali motivi per cui l'Italia si sta trasformando in un paese "in via di sottosviluppo" sia l'eccessivo carico fiscale: è d'accordo?
No. Il degrado italiano è frutto della mancanza della certezza del diritto. La gravità della pressione fiscale è una variabile dipendente dall'efficacia della legge, una legge che deve garantire il pieno, o quanto più pieno, godimento dei diritti civili.

Cosa pensa della flat tax? Crede che sarebbe applicabile in Italia?
In una prospettiva di riforma federalista a tutto tondo, quindi tanto politica quanto fiscale, credo che il problema "tasse" possa essere affrontato in termini più liberali (prammatici?) che "ideologici". Per questi motivi ritengo che oggi la flat tax non possa essere neanche proposta in Italia; chi lo fa, o lo farebbe, dimostra scarsa attenzione alla complessità del contesto italiano che, ricordiamolo, abbisogna di una enorme attenzione al debito pubblico accumulato da 40 a questa parte. Altro che flat tax!

Ci avviamo alla conclusione di questa conversazione: c'è qualcosa di cui si è pentito nel corso della sua carriera politica e che, se potesse tornare indietro nel tempo, non rifarebbe?
Questa intervista ;-)
Scherzo! Forse avrei potuto fare meglio molte delle cose che ho fatto, spero di avere il tempo e l'occasione di recuperare. Magari dalla prossima intervista.

La scure dell'Antitrust si abbatte su Livorno

L'Antitrust ha sanzionato nei giorni scorsi i due principali terminalisti attivi nel porto di Livorno, le società Terminal Darsena Toscana e Sintermar, per "intesa restrittiva della concorrenza". Sul banco degli imputati è finito il presunto coordinamento dei comportamenti delle due società in relazione ai prezzi offerti a Costa Container Lines.

La critica a simili provvedimenti è per lo più assente nella "galassia liberale": monopoli e cartelli sono generalmente ritenuti un "male assoluto" per i consumatori, e guai a chi osa levare una voce di dissenso.

Ma le teorie su cui poggiano simili convinzioni fan presto a rivelarsi fallaci qualora siano sottoposte ad un'analisi accurata. Ad essere discutibile è innanzitutto la concezione di concorrenza attualmente dominante: concorrenza sembra infatti necessariamente dover far rima con pluralità di soggetti coinvolti nel mercato, il che rivela una visione statica dei processi competitivi che mal si coniuga con la loro naturale dinamicità.
Come ci insegna Pascal Salin, economista francese di ispirazione liberale, concorrenziale è molto semplicemente un mercato aperto, a cui tutti possano accedere senza impedimenti legali. Non si incentiva insomma la concorrenza impartendo sanzioni da migliaia di euro qua e là, ma semplicemente rimuovendo quei vincoli che rendono l'inserimento sul mercato di nuovi competitors difficile, quando non addirittura impossibile. Un mercato facilmente accessibile renderebbe infatti difficili intese che dovessero andare a detrimento del consumatore, giacché simili accordi finirebbero quasi sicuramente con lo "stuzzicare" altri soggetti, pronti ad inserirsi con offerte più vantaggiose per sottrarre fette di mercato a chi sta "abusando" della propria posizione dominante.

Alla base della feroci accuse verso monopoli e cartelli sta inoltre la teoria economica neoclassica; come spiega egregiamente Francesco Galietti, "la grave critica che la teoria neoclassica muove al monopolio è che, in questa situazione, il venditore perviene alla formazione di un prezzo monopolistico superiore a quello di equilibrio in regime di concorrenza, e vi dovrebbe pervenire restringendo l'offerta, ossia sottraendo al mercato e magari distruggendo una parte del bene che potrebbe offrire. Il grosso handicap di questa teoria è che presuppone che il prezzo di equilibrio in regime di concorrenza sia noto al monopolista nella situazione di monopolio in cui si trova. Ma come può, chi si trova in situazione di monopolio, conoscere il prezzo "di equilibrio" in concorrenza?"

Tornando al caso livornese, come può l'Antitrust stabilire che i prezzi del contratto stipulato da Sintermar e CCL sono risultati "sensibilmente superiori a quelli che si sarebbero determinati in mancanza di concertazione"? Misteri della fede: i prezzi reali non possono infatti essere noti in anticipo, ma si determinano di volta in volta, in ogni situazione, con le compravendite relative.

I monopoli di Stato, quelli sì che - calati come sono dall'alto e garantiti da enormi "barriere"- quasi mai soddisfano i bisogni dei consumatori. Ma in quel caso l'Antitrust preferisce generalmente non intervenire, chissà poi perché...certo dev'essere più facile colpire
un cartello o un monopolio "naturale", costituito da privati colpevoli solo di saper soddisfare meglio di altri le esigenze di noi consumatori!

Alle società ingiustamente colpite dalle sanzioni in parola, va tutta la nostra solidarietà: liberi accordi fra adulti consenzienti non dovrebbero costituire reato, all'alba del XI°secolo.

M'illumino...di più!

La Regione Toscana aderisce alla campagna 2009 "M'illumino di meno", un’iniziativa con cui la trasmissione di Radio2 “Caterpillar” chiede agli italiani, ormai da qualche anno, di ridurre i consumi di luce e gas in concomitanza con l’anniversario dell'entrata in vigore del protocollo di Kyoto. L'iniziativa è del vicepresidente Federico Gelli, il quale ha inviato ai propri dipendenti varie raccomandazioni in materia cui attenersi il prossimo 13 febbraio e non solo: spegnere il fan coil al termine dell'orario di lavoro e le luci anche durante assenze temporanee, impostare il termostato in modo che la temperatura in inverno non superi i 20 gradi e in estate non differisca da quella esterna di oltre 7 gradi, spegnere e non lasciare in stand-by computer, stampanti, fotocopiatrici e così via, in un lungo elenco che assomiglia tanto alle raccomandazioni impartite da un babbo apprensivo al proprio figlioletto.

Bimbi irresponsabili ed irrazionali, è così che ci vedono i nostri governanti: bimbi irresponsabili che devono continuamente essere richiamati e ricondotti sulla “retta via”, che ovviamente è quella decisa a tavolino dalla Casta al potere.

In realtà, come fa notare Carlo Stagnaro, direttore del dipartimento Ecologia di mercato dell'IBL,

la politica energetica italiana è già perfettamente allineata alla religione del risparmio energetico. Non solo l'elevato prezzo dell'energia costringe cittadini e imprese a consumare il minimo indispensabile; la fragilità energetica del nostro paese ci espone quotidianamente al rischio di crisi o addirittura blackout. Il paese, semmai, ha bisogno di rafforzare le sue infrastrutture energetiche e abbassare il costo di un bene tanto fondamentale attraverso una riduzione delle imposte e una liberalizzazione autentica. La vera sfida è quella di favorire gli investimenti per uno sviluppo pulito, non ingranare la retromarcia verso il passato.

Già, il passato, è quello l’obiettivo a cui puntano certe campagne, che i suoi promotori ne siano consapevoli o meno: condurre di nuovo tutti noi, “colpevoli” di vivere una vita troppo agiata, ad uno stato di relativa povertà.

Gli ideatori dell’iniziativa invitano infatti tutti i sindaci e i cittadini "di buona volontà" a spegnere le luci e le apparecchiature elettriche "non indispensabili". Ma cosa significa “indispensabile”? Mangiare, bere, ripararsi dal freddo…e tutto il resto è superfluo? E ancora, mangiare e bere d’accordo, ma quanto? Tutto quel che abbiamo conquistato dal dopo-guerra ad oggi, dai pasti più abbondanti e frequenti all’utilizzo sempre più diffuso dei computers, è necessario o è solo un lusso a cui poter rinunciare?
Aspettiamo frementi che il vicepresidente Gelli ce lo spieghi, dettandoci la lista di quel che è superfluo e di ciò che invece è indispensabile, magari dopo averci edotto circa le profonde divisioni che lacerano la comunità scientifica sul problema del riscaldamento globale e che vengono invece regolarmente sottaciute. Già, perché sui problemi legati al clima certezze non ve ne sono, se non riguardo ai costi secchi che dovremmo sopportare qualora misure come quelle previste dal protocollo di Kyoto trovassero piena applicazione.

Come sempre la soluzione ideale sarebbe quella di lasciare libertà di scelta ai cittadini: chi sogna di tornare alle macchine da scrivere e al pane fatto in casa faccia pure, ma senza imporre il medesimo stile di vita a tutti noi e lasciando in pace i nostri già martoriati portafogli.

Nel frattempo, invitiamo tutti i nostri lettori ad ignorare certi appelli folli e mistificatori, anzi, se possibile a contrastarli attivamente.

Venerdì 13 febbraio accendiamo tutti assieme una lampadina in più: contro l’oscurantismo verde e la scienza-rottame!

I libertari e i politici toscani: conversando con... Alessandro Antichi

Con questa intervista, che nelle nostre intenzioni vorrebbe diventare la prima di una lunga serie, comincia il cammino del Clan Libertario "Filippo Mazzei" alla scoperta di alcune personalità del panorama politico toscano, anche in vista della grande tornata di amministrative che vedrà milioni di toscani al voto nel prossimo giugno per il rinnovo dei consigli comunali e provinciali. La scelta degli intervistati si basa su un criterio molto semplice: cercheremo infatti di porre domande a coloro che, per il loro percorso culturale e/o politico, si sono dimostrati più vicini di altri alle istanze liberali, sia nelle discussioni interne ai loro partiti, sia nelle eventuali esperienze amministrative. Ci sembra tuttavia doveroso puntualizzare che la stima verso i princìpi o la pratica politica degl'intervistati non costituisce in nessun modo un endorsement da parte del Clan. Ci asterremo infatti sia dalle dichiarazioni pubbliche di voto, sia dai giudizi sulle risposte ricevute, lasciando che il lettore possa valutarle autonomamente. Buona lettura.



Inauguriamo la rubrica intervistando Alessandro Antichi, esponente del Popolo della Libertà.
Il suo curriculum politico è di tutto rispetto, considerato che l'inizio del suo impegno pubblico risale solo al 1995: già sindaco di Grosseto per due mandati, è attualmente consigliere regionale e candidato alla presidenza della Provincia di Grosseto in occasione delle prossime amministrative. Per conoscerlo meglio e seguire la sua campagna elettorale per le elezioni provinciali del prossimo 6-7 giugno 2009, visitate il suo sito: http://www.alessandroantichi.org .

Alessandro Antichi, da sempre lei è considerato un "liberale D.O.C.": vista la confusione semantica che negli ultimi anni si è ingenerata attorno a tale termine, utilizzato oggi per indicare tutto ed il contrario di tutto, ci spieghi cosa significa davvero, per lei, essere liberali.

L'adesione a una visione genericamente liberale della vita e della politica è diventata sempre più ampia e sempre più trasversale. Questo non è certo un male!

Tuttavia c'è una politica liberale che è qualcosa di più preciso. E' più una scelta di parte, che un terreno comune. Sto parlando della preferenza per quello che in tutto il mondo occidentale è chiamato limited government, contrapposto al big government.

Tutti coloro che sono politicamente e propriamente liberali, liberisti e libertari, tendono verso meno governo, meno tasse, meno spesa pubblica.

L'espansione dell'interposizione pubblica, invece, cioè quella spirale che spinge verso tasse più alte e verso una spesa pubblica crescente, è il frutto di un'altra storia politica, ispirata a valori sociali e socialisti.

Fra le due tendenze non ci sono sempre divisioni così nette e, anzi, spesso, il vero riformismo è molto trasversale e le attuali forze politiche della scena italiana hanno certamente radici più variegate e una composizione più complessa. Tuttavia fra le due correnti, per quanto mi è dato di vedere e di capire, del nostro attuale momento politico toscano e italiano, una chiara discriminante c'è.

Essere di “parte liberale”, per molti e fra questi anch'io, è credere nella diminuzione dell'interposizione pubblica nell'economia e nella società. E' volere il ridimensionamento della intermediazione politica, attraverso la restituzione di sovranità e libertà alle persone, alle famiglie, alle imprese, alle comunità.

Una politica liberale lavora per assicurare condizioni di sempre maggiore libertà, in cui la naturale capacità progettuale degli individui, dei gruppi, delle comunità, possa dispiegarsi senza condizionamenti da parte delle burocrazie e del potere politico.

Man mano che si affermerà, anche in Toscana e in Italia, un moderno bipartitismo, credo che i due maggiori partiti finiranno per essere entrambi più liberali, ma uno di essi, e credo che sarà il nostro costituendo Popolo della Libertà, sarà quello che naturalmente spingerà di più verso la libertà individuale, in particolare verso la sburocratizzazione e la spoliticizzazione della vita economica.


Lei dice? Negli ultimi mesi i vertici del PdL sembrano essersi allontanati dal liberalismo delle origini, quel "meno Stato" che nel 1994 campeggiava su ogni manifesto e risuonava nei canali tv, e che oggi si è trasformato invece in "più Stato", come mostrano i recenti aiuti alla Fiat e all'Alitalia e le sortite del ministro Tremonti. Se è vero che la crisi economica costituisce un banco di prova impegnativo per ogni Governo, che si ritrova "tirato per la giacca" un po' da tutte le parti, ci sembra anche di poter dire che allo spirito antistatalista con cui era nata questa esperienza sia comunque stato inferto un colpo pesantissimo. C'è ancora spazio per i liberali nel PdL?

Il PdL è la naturale evoluzione di Forza Italia. E' e resta un movimento popolare e liberale di massa. Le scelte contingenti che vengono fatte davanti alla crisi da questo Governo possono sembrare ispirate a un qualche “interventismo”, ma in realtà, a ben vedere, né Tremonti, né nessun altro nel governo Berlusconi IV stanno operando per una espansione “keynesiana” della spesa pubblica. Cosa che, peraltro, per un paese che ha il nostro livello di debito pubblico, mi pare difficile da immaginare.

Si cercano, al contrario, delle strade serie di sburocratizzazione e diminuzione dei costi della politica. Segnalo, fra i tanti progetti sul tavolo, la proposta Valducci per un drastico sfoltimenti di tanti enti inutili.

Si stanno studiando ammortizzatori sociali più moderni, distribuiti con maggiore equità, che non vadano sempre a vantaggio delle solite categorie ipergarantite e delle solite grandi aziende che hanno sempre ricevuto dallo stato, storicamente, maggiore protezione e condizioni di favore.

Forse sarebbero necessarie politiche più avanzate e riforme antistataliste più profonde, ma la direzione di fondo è quella giusta. Liberale è il codice genetico che caratterizza la stragrande maggioranza degli esponenti del PdL, che restano saldamente ancorati alla loro originaria ispirazione.

Anche negli enti locali, specialmente in quelli della nostra Toscana che non hanno ancora conosciuto l'alternanza e che sono rimasti per un sessantennio sotto l'egemonia della vecchia sinistra postcomunista, il PdL e i suoi alleati civico-liberali possono portare una svolta liberale. Dobbiamo estendere a tutti i comuni e a tutte le province un governo più liberale nel senso più classico: dai cittadini, dei cittadini e per i cittadini, fondato sull’ascolto di tutti, la “animazione” della comunità, la liberazione di tutte le energie individuali.


Lei è il candidato per il PdL alle prossime elezioni provinciali di Grosseto. Ci dica tre punti fondamentali attorno ai quali si snoderebbe la sua attività qualora dovesse essere eletto.

Primo, più libertà economica: meno tasse, meno spesa corrente e più qualificata ed orientata; meno burocrazia; meno vincoli all’iniziativa privata attraverso la revisione degli strumenti di programmazione provinciale. Secondo, uso delle risorse pubbliche per creare beni collettivi durevoli e produttivi, infrastrutture materiali ed immateriali. Terzo, fare ogni possibile passo avanti per cambiare in senso liberale la (vasta) economia dei servizi pubblici locali: gli enti locali si limitino alla programmazione e si impegnino per la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi di competenza. Se posso aggiungere qualcosa...


Prego...

La provincia di Grosseto dovrà guidare un processo partecipativo complesso per localizzare e far finalmente partire diverse importanti opere che aspettano da anni (centrali, impianti di smaltimento, vie di comunicazione, ecc.). Dovremo dimostrare di saper coinvolgere, in decisioni pesanti e importanti, che ricadranno anche sulle generazioni future, tutti gli interessati: residenti, proprietari, costruttori, tecnici, scienziati, comunità e territori. Costruendo un autentico consenso e assicurando a tutti la tutela di proprietà, beni e valori. Per me è una grande sfida: voglio poter dimostrare l'efficacia di una visione liberale anche nella soluzione dei grandi problemi ambientali, infrastrutturali, territoriali. Chiedo aiuto a tutti i liberali, liberisti e libertari toscani: aiutatemi, con il vostro contributo di pensiero, di azione, di critica, di creatività e imprenditorialità. Crediamoci e vinciamola insieme.


In Italia il libertarismo, specialmente grazie al Movimento Libertario di Leonardo Facco, sta facendo lentamente ma inesorabilmente continui passi in avanti. Quali prospettive intravede per i "libertarians" nel nostro Paese, ed in particolare nella nostra Toscana?

La naturale diffidenza e irriverenza dei Toscani verso ogni forma di potere, potrebbe essere un fecondo terreno di coltura del libertarianesimo. C'è una radice profonda della nostra gente che si è sempre definita giustamente libertaria, che si ricollega direttamente alle grandi rivolte “libertine” del nostro passato, come quella di Siena del 1555, e, scavando nella nostra storia, con tradizioni e libertà ancora più antiche.

La vecchia sinistra toscana, non dimentichiamolo, si è sempre presentata come “libertaria”, per legittimarsi come erede della storia politica della nostra terra. Oggi, un mutamento di prospettiva, dopo la fine dell'egemonia culturale postcomunista, potrebbe consentire sviluppi insperati.


Siamo giunti alla conclusione di questa conversazione. Ci lasci con una citazione: quali sono le parole di un "grande" che si porta sempre con sé, nella sua esperienza di vita quotidiana?

Una frase di S.Agostino: “Remota iustitia itaque, quid sunt regna nisi magna latrocinia? Quia et ipsa latrocinia quid sunt. nisi parva regna?”. Senza giustizia (e libertà!), cosa sono gli stati, se non una organizzazione per rubare in grande stile al popolo? Del resto, una grande banda di ladri, non somiglia forse, in se stessa, a un piccolo stato?


Il Sommo Poeta, Mastro Adamo e i falsari d'ogni tempo

Oggi scendiamo agli Inferi con Dante, alla riscoperta di un passo non molto noto della Divina Commedia che narra della dannazione eterna a cui è condannato tal Mastro Adamo, di "professione"...falsario.

Il fiorino, il cui nome deriva dal giglio, è la moneta di allora, ventiquattro carati d'oro che Mastro Adamo riduce a ventuno, battendo monete "ch'avevan tre carati di mondiglia", ossia di metalli vili.

Come scrive Fabio Gallazzi, "l'ottimo fiorino precede e fonda la società in cui viene creata la Commedia, che rende omaggio a questa legge culturale registrando l'orrida pena secolare di Mastro Adamo e la sua dannazione eterna. Per soli tre carati di mondiglia su ventiquattro: quale infinita punizione stanno accumulando o scontando i falsari istituzionali dei tempi moderni"?

No, non stiamo parlando di Fabrizio Corona o di coloro che periodicamente finiscono sui quotidiani, fermati dalle "fiamme gialle" con l'accusa di aver falsificato banconote. In casi simili, in realtà, non possiamo neppure parlare di falsificazione; come scrive Walter Block, "la definizione che il vocabolario dà della falsificazione dice copiare senza autorizzazione e spacciare la copia falsa per autentica o originale. Ma se ciò che viene copiato è di per sè falso, allora il falsario non sta spacciando la copia falsa per autentica, sta solo spacciando un'altra copia falsa".

Già, è il denaro di Stato ad essere falso: il sistema bancario e le banche centrali, collusi col Leviatano, danno quotidianamente luogo alla creazione dal nulla di depositi bancari cui non corrisponde alcun attivo reale, depositi bancari a vista che non sono cioè coperti da unità monetarie fisiche (ad esempio di oro) custodite nei forzieri della banca, e che vengono comunemente denominati "mezzi fiduciari". Da qui nascono le cicliche depressioni economiche, da qui nasce la continua perdita di potere d'acquisto del denaro che abbiamo in tasca. Il tema è di quelli ostici, motivo per cui eccovi un video che cerca di spiegare, in maniera molto semplice, quello che accade per mano dello Stato falsario:



Dedicato a tutti coloro che invocano l'intervento dello Stato per risolvere una depressione economica che è lo Stato stesso ad aver provocato: possiate bruciare agli Inferi, assieme a Mastro Adamo.

Inferno,
Canto XXX

Io vidi un, fatto a guisa di lëuto,
pur ch'elli avesse avuta l'anguinaia
tronca da l'altro che l'uomo ha forcuto.

La grave idropesì, che sì dispaia
le membra con l'omor che mal converte,
che 'l viso non risponde a la ventraia,

faceva lui tener le labbra aperte
come l'etico fa, che per la sete
l'un verso 'l mento e l'altro in sù rinverte.

"O voi che sanz'alcuna pena siete,
e non so io perché, nel mondo gramo",
diss'elli a noi, "guardate e attendete

a la miseria del maestro Adamo;
io ebbi, vivo, assai di quel ch'i' volli,
e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo.

Li ruscelletti che d'i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
faccendo i lor canali freddi e molli,

sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
ché l'imagine lor vie più m'asciuga
che 'l male ond'io nel volto mi discarno.

La rigida giustizia che mi fruga
tragge cagion del loco ov'io peccai
a metter più li miei sospiri in fuga.

Ivi è Romena, là dov'io falsai
la lega suggellata del Batista;
per ch'io il corpo sù arso lasciai.

Ma s'io vedessi qui l'anima trista
di Guido o d'Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista.

Dentro c'è l'una già, se l'arrabbiate
ombre che vanno intorno dicon vero;
ma che mi val, c' ho le membra legate?

S'io fossi pur di tanto ancor leggero
ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia,
io sarei messo già per lo sentiero,

cercando lui tra questa gente sconcia,
con tutto ch'ella volge undici miglia,
e men d'un mezzo di traverso non ci ha.

Io son per lor tra sì fatta famiglia;
e' m'indussero a batter li fiorini
ch'avevan tre carati di mondiglia.

Lucca, stop a kebab e fast food

Giro di vite gastronomico del Comune di Lucca. La giunta ha infatti approvato il nuovo regolamento sugli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che prevede, tra l'altro, il no all'apertura di nuove pizzerie veloci, al taglio, fast food, rivendite di articoli da mare e per la nautica, sexy shop ed esercizi di media e grande distribuzione, così come kebab e ristoranti etnici, all'interno del centro storico della città.


Non solo, «al fine di salvaguardare la tradizione culinaria e la tipicità architettonica, strutturale, culturale, storica e di arredo», il regolamento prevede addirittura che in ogni menu proposto dai locali del centro debba essere inserito un piatto tipico della Lucchesia: l'ingordigia della nostra classe politica tocca così vette inimmaginabili. Ingordigia si, perchè solo ingorda può essere definita una politica che non si accontenta di sorvegliarci, ispezionarci, spiarci, numerarci, arruolarci, indottrinarci, censurarci e tassarci, ma si spinge sino a dettarci il menu delle nostre cenette romantiche.

La salvaguardia dei prodotti tipici è una delle motivazioni più "forti" addotte a sostegno di tale provvedimento: Mc Donald's e ristoranti etnici costringerebbero alla chiusura i ristoranti e le trattorie tradizionali, e poco male se qualcuno griderà al razzismo.

Come spiega Alberto Mingardi, trattasi però di

un'accusa priva di qualsivoglia evidenza empirica: anzi. Il Gambero Rosso non ha dichiarato fallimento da che i "Mac" sono sulla piazza. Semmai negli ultimi anni ha visto intensificarsi le proprie attività editoriali: segno che vi è un pubblico crescente, di lettori e ristoratori appassionati. Allo stesso modo, un'occhiata sommaria alle vie centrali di città come Milano o Roma conferma che la presenza di un certo numero di fast food non ha impedito in nessun modo la sopravvivenza dei ristoranti di qualità. Proprio perchè le due cose non si escludono a vicenda [...] questo perchè i Mac rappresentano una risposta diversa a problemi diversi, non il tentativo di soppiantare la trattoria old style


L'unico risultato che avrà il nuovo regolamento comunale sarà quello di restringere il ventaglio di offerte che quotidianamente e spontaneamente il libero mercato offre a noi consumatori; e quando si restringe la possibilità di scelta, ça va sans dire, si restringe la nostra libertà.