Lo spargi-rifiuti è un eroe

Firenze dichiara guerra ai mozziconi gettati per terra, ed in un momento in cui di rifiuti più o meno ingombranti si parla un giorno sì e l'altro pure, l'occasione mi pare propizia per pubblicare alcuni stralci da "Difendere l'indifendibile", splendido testo dell'economista libertario Walter Block, che ci spiega come lo spargi-rifiuti sia in realtà una sorta di eroe moderno. Buona lettura.

Lo spargi-rifiuti trova oggigiorno poche persone che lo difendano. E' attaccato da tutte le parti, e deve sostenere l'urto delle “anime belle”. Canali radiotelevisivi mandano in onda spot anti-rifiuti sotto forma di “servizio pubblico”; comitati di genitori e di quartiere, associazioni parrocchiali ed organizzazioni civiche sono tutti d'accordo nell'attaccare chi semina rifiuti...i rifiuti sparsi sono un grande elemento riunificatore.
In ogni caso, c'è un piccolo, apparentemente insignificante dettaglio che annienta l'accusa contro i rifiuti sparsi e contro lo spargi-rifiuti: i rifiuti sparsi possono solo esistere sul suolo pubblico, mai su una proprietà privata. Le pubblicità che illustrano le presunte nefandezze dello spargimento dei rifiuti sono ambientate nelle autostrade, sulle spiagge, sulle strade, nei parchi...tutti luoghi pubblici. E ciò non perchè la maggior parte dei rifiuti venga seminata nei luoghi pubblici ma perchè è così per definizione. Se qualcosa somigliante in tutti gli altri aspetti allo spargimento dei rifiuti dovesse accadere in un luogo privato, non sarebbe affatto considerato spargimento di rifiuti.
Quando grandi folle lasciano uno stadio, una sala cinematografica, un circo, quelli che restano tra le poltrone e nei corridoi non sono e non possono essere dei rifiuti sparsi. E' immondizia, sporcizia, spazzatura, ma non "rifiuti sparsi".
Alla fine del normale orario lavorativo, nelle zone centrali delle nostre città un'orda di addetti delle pulizie converge su banche, negozi, ristoranti, uffici, fabbriche ecc. privati. Ciò che devono fare è pulire e assolutamente non si può dire che raccolgano rifiuti sparsi. Contemporaneamente, la nettezza urbana pulisce le strade e i marciapiedi pubblici, raccogliendo i rifiuti sparsi.
Ora non è possibile fare una vera distinzione tra l'abbandono di spazzatura in luoghi pubblici e l'abbandono di spazzatura in luoghi privati. Non c'è ragione di chiamare l'uno, e non l'altro, “spargere rifiuti”, poiché in ambedue i casi in pratica si fa la stessa cosa. In ambedue i casi, infatti, la produzione di spazzatura è una concomitanza del processo del produrre e del consumare.
In certi casi, l'abbandono della spazzatura, perchè venga raccolta più tardi, è una soluzione ottimale. Per esempio, un falegname, sprecherebbe troppo tempo se raccogliesse i trucioli mentre lavora. E' più semplice ed economico lasciare che i rifiuti si accumulino, per poi spazzarli via a fine giornata o a intervalli regolari. Il direttore di una fabbrica potrebbe indire una campagna anti-rifiuti, e costringere i falegnami a tenere i loro spazi di lavoro liberi da qualsiasi accumulo di trucioli. Potrebbe rinforzare quest'ordine con una multa, però, a causa di queste regole, la sua forza-lavoro potrebbe licenziarsi o, non licenziandosi, i costi di produzione salirebbero eccessivamente, e la ditta perderebbe ordinazioni che passerebbero a fabbriche concorrenti.
Nell'esercizio della professione medica, d'altro canto, lo spargimento di rifiuti non può essere tollerato. Le sale operatorie, di consultazione o di trattamento, devono essere igieniche, disinfettate e ben pulite. La mancata adozione di una forte campagna anti-rifiuti porterebbe in questo caso al fallimento dell'ospedale, via via che si spargesse la voce che l'istituto è anti-igienico[...]ciò che questi esempi, apparentemente disparati, hanno in comune, è di illustrare come, nel mercato, il decidere se e quanto spargimento di rifiuti sia lecito permettere si basi, in ultima istanza, sulla volontà e sui desideri del consumatore.
La questione non viene trattata semplicisticamente, e non si alza un grido generale per eliminare gli spargi-rifiuti. Vi è piuttosto un attento soppesare dei costi e dei vantaggi che il permettere ai materiali di scarto di accumularsi comporta.
Nella misura in cui i costi di raccolta delle immondizie sono bassi, e i danni provocati dalla spazzatura elevati, saranno frequenti le raccolte e severe le sanzioni per chi abbandona le immondizie, come nell'esempio proposto sui rifiuti sparsi in un ambiente medico. Se i costi della raccolta delle immondizie sono alti, e i danni provocati dall'accumulo pochi, ci saranno raccolte meno frequenti, e nessuna sanzione per lo spargimento dei rifiuti. Queste politiche differenti non sono il risultato di una legge statale, ma sono il risultato di un processo di mercato. Gli imprenditori che non agiscono in accordo con un'analisi minuziosa dei costi/vantaggi perdono clienti...un sistema basato sui bisogni e sui desideri dei singoli individui è molto flessibile. In ciascun esempio, la politica da adottare sullo spargimento dei rifiuti viene concepita su misura per le esigenze di ogni specifica situazione. Inoltre, un simile sistema, è in grado di reagire con prontezza ai cambiamenti, che siano i costi della raccolta dei rifiuti o i danni causati dai rifiuti non raccolti[...]nel considerare lo spargimento di rifiuti sul suolo pubblico, non esiste un sistema sintonizzato con precisione che risponda ai bisogni e ai desideri dei singoli individui. Anzi, il suolo pubblico è sotto la tutela dello stato, ed è lo stato stesso a trattare le richieste del consumatore in modo piuttosto arrogante, praticamente ignorandole. L'impresa statale è la sola impresa che risponderebbe ad un aumentato desiderio di spargimento dei rifiuti con una determinazione irremovibile ad eliminarlo, rifiutando dunque di adattarsi sia ai desideri del consumatore, sia all'evoluzione della tecnologia. La legge è legge. Lo stato può funzionare in questo modo perchè è fuori dal mercato. Non ottiene le sue entrate nel processo di mercato dello scambio volontario; le ottiene tramite la tassazione, processo che non ha alcun rapporto con la capacità di accontentare i clienti.
L'argomento statale contro lo spargimento dei rifiuti è che ciò accada per mancanza di rispetto dei diritti altrui. Ma questo argomento non è valido. L'intero concetto dei rifiuti privati ne è una dimostrazione. Se i rifiuti sparsi fossero una violazione dei diritti ed una noncuranza per il benessere altrui, cosa diremmo dei rifiuti “sparsi” nei ristoranti, nei cinema ecc? I rifiuti esistono nel mercato privato proprio come mezzo per soddisfare il desiderio di benessere dei consumatori. Non si violano i diritti del padrone del ristorante spargendo rifiuti, proprio come non si violano mangiando, perchè entrambe queste cose vengono pagate[...]una politica sullo spargi-rifiuti, per poter essere flessibile, deve essere sostenuta da un sistema di prezzi[...]ma se lo stato varasse un sistema di questo tipo andrebbe contro la sua stessa natura, fondata su quel sistema delle imposte che risulta interamente separato dall'abilità o meno di soddisfare i desideri dei consumatori.
[...]alla luce dell'inflessibilità dello stato e del suo apparente disinteresse nel venire incontro ai gusti del pubblico, come va considerato lo spargi-rifiuti? Lo spargi-rifiuti tratta la proprietà pubblica più o meno allo stesso modo in cui tratterebbe la proprietà privata, se solo ne avesse la possibilità. Vale a dire, ci sparge sopra la spazzatura. E' stato dimostrato che non vi è nulla di intrinsecamente malvagio in questa attività, e che se non fosse per la calcificazione governativa, essa sarebbe largamente accettata nell'arena pubblica, come lo è nell'arena privata. E' un'attività che andrebbe regolamentata secondo i bisogni degli individui, non per decreto statale.
Dobbiamo concludere, perciò, che lungi dall'essere un nemico della collettività, lo spargi-rifiuti sia in realtà un eroe. Il coraggio evidenziato dallo spargi-rifiuti, vista l'intensa campagna diffamatoria contro di lui, è notevole. E, più importante ancora, il comportamento dello spargi-rifiuti, che di proposito prende la legge nelle sue mani, può servire da protesta contro un sistema ingiusto.

L'acqua è un bene pubblico: e allora perchè ci vietano di usarla?

E' notizia di questi giorni che il Comune di Siena, in previsione della possibile crisi idrica, ha emesso un'ordinanza che pone limiti al consumo di acqua potabile nei mesi estivi.
Da libertari, profondamente convinti che un bene pubblico non sia tale in quanto offerto da enti pubblici, ma perchè nessuno possa sottrarlo al godimento dei cittadini, seguiamo da sempre con occhio scettico la montagna di retorica che accompagna il dibattito sull'acqua.

Più che un dibattito si tratta spesso di un soliloquio di quanti individuano un problema concreto -la scarsità dell'acqua in certi periodi e in certi luoghi, appunto- e individuano la soluzione in provvedimenti che ingigantiscono questa difficoltà fino a renderla palese, col divieto di consumo imposto con la forza.
Ciò che emerge da queste discussioni è infatti la necessità di socializzare un bene scarso come l'acqua al fine di sottrarla alla legge della domanda e dell'offerta: togliere l'acqua al mercato per consegnarla nelle mani di un monopolista che si occupi di calmierarne il prezzo, se non addirittura di assicurarne la gratuità.
Si tratta di una visione ingenua, ideologica e pericolosa, frutto di due gravi errori di metodo:
  • non tiene conto dell'aspetto economico, sostenendo una presunta diversità del bene in oggetto rispetto ad altri;
  • ritiene che la scarsità di acqua sia un problema assoluto, mentre si tratta per lo più di uno squilibrio nell'allocazione della risorsa.
Il motivo per cui si verificano le crisi idriche è, infatti, lo stesso che accompagna ogni crisi energetica: la richiesta di un bene supera la quantità disponibile di quel bene, ed equilibrare i due valori nel breve termine diviene apparentemente impossibile. Nel caso dell'acqua bisogna aggiungere anche l'inadeguatezza delle reti idriche, spesso fatiscenti, le cui perdite sono pari ai consumi di migliaia di individui.
Di fronte a questa situazione, due sono le risposte possibili: continuare a tenere artificialmente basso il prezzo dell'acqua e limitarne l'utilizzo entro certi limiti, o rimuovere le barriere al mercato, facendo sì che il prezzo dell'acqua oscilli secondo il rapporto domanda/offerta.
Le differenze tra queste due soluzioni sono enormi.
Con la prima non si fa che alimentare il circolo vizioso alla base della crisi: se i prezzi non sono liberi di variare, non possono svolgere il proprio ruolo di indicatore della scarsità di un bene.
La conseguenza, drammaticamente evidente nel caso delle risorse idriche, è che il consumo di quel bene non rispetta i parametri di razionalità imposti dal calcolo economico, e si assiste a continui sprechi che alimentando la scarsità ingigantiscono la crisi. Per cercare di porre un freno a questa scia di errori, si pensa quindi di limitare la libertà individuale in maniera del tutto arbitraria, vietando il consumo di acqua per certi tipi di uso e consentendolo per altri.
Il razionamento e i divieti sono quindi un tentativo, sbagliato e inutile, di risolvere un problema che le stesse istituzioni pubbliche creano controllando il mercato.
Vi sono migliaia di esempi al mondo di simili situazioni, risolte nel momento in cui i prezzi, lasciati liberi di oscillare, sono saliti, rendendo assai gravoso lo spreco.
Per rendere efficienti i consumi (specialmente in ambito agricolo, laddove le tecnologie di irrigazione usate sono spesso obsolete e “sprecone”) e per spronare a tamponare le enormi falle delle reti idriche, l'unica soluzione passa per privatizzazioni e liberalizzazioni autentiche.
Risparmiare acqua si può e si deve, ma lo si fa solo se è conveniente: il remoto pericolo di una multa difficilmente limiterà gli eccessi dell'uso comune, che vanno molto al di là del lavaggio di una macchina in giardino o del riempimento di una piscina per cercare un po' di refrigerio.

Noi stiamo con le vere vittime, gli onesti cittadini

Il Clan Libertario Toscano "Filippo Mazzei", appresa la tragica notizia della rapina a San Rocco a Pilli, nella quale uno dei due malviventi è rimasto ucciso da un colpo sparato dal gioielliere Gino Sestini, interviene per rimarcare la propria solidarietà verso quanti sono costretti, nella loro vita quotidiana, a fare i conti con la violenza.

"Gli uomini nascono con il naturale diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà -afferma l'amministratore del Clan, Leonardo Butini- per questo non si può che solidarizzare con il signor Sestini, il quale non ha fatto altro che difendere sè stesso e il proprio negozio da una violenta aggressione.
Quando la protezione delle forze dell'ordine non basta per fronteggiare la criminalità, che ormai raggiunge anche i più oscuri paesini della nostra amata Toscana, al cittadino non resta altra soluzione che l'autodifesa. Ci auguriamo che al signor Sestini vengano risparmiate le ripercussioni legali che troppo spesso accompagnano coloro la cui unica colpa è di vivere e lavorare in modo onesto, e rifiutare di piegarsi alla brutalità dei delinquenti".

4 luglio per spiriti liberi

Oggi, 4 luglio 2008, si celebra l'Independence Day, il giorno dell'Indipendenza delle 13 colonie americane dalla Gran Bretagna sancito ufficialmente nel 1776. Un giorno importante per chiunque ami la libertà, ma in particolare per noi del Clan Toscano. Filippo Mazzei fu infatti uno dei principali ispiratori dei Padri Fondatori statunitensi (che parlavano e scrivevano il toscano), grazie a quanto ebbe a scrivere il 6 maggio 1776 nelle Istruzioni dei possidenti della Contea di Albemarle ai delegati alla Convenzione: «Noi teniamo per certe queste Verità. Che tutti gli Uomini sono creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili...»
È così che i pensieri di un immigrante toscano sono incarnati nel documento della fondazione degli Stati Uniti d'America: questo contributo è ammesso anche da John F. Kennedy nel suo libro Una Nazione di Immigranti in cui afferma che:
«La grande dottrina “Tutti gli uomini sono creati uguali” attribuita nella Dichiarazione di Indipendenza a Thomas Jefferson, è ripresa dagli scritti di Philip Mazzei, un patriota scrittore nativo dell'Italia, che era intimo amico di Jefferson.» (J. F. Kennedy, "Una Nazione di immigranti", Harper & Row, New York, pp. 15-16).

Eccola allora la famosa Dichiarazione, leggiamola insieme: ancora oggi, a 232 anni di distanza, abbiamo tutto da imparare.

In Congresso, 4 luglio 1776
Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto a un altro popolo e assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata e uguale a cui le Leggi della Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell'umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.
Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono
creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi
diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finchè siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati.
Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo.
Quella dell'attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un'assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all'esame di tutti gli uomini imparziali e in buona fede.
1) Egli ha rifiutato di approvare leggi sanissime e necessarie al pubblico bene.
2) Ha proibito ai suoi governatori di approvare leggi di immediata e urgente importanza, se
non a condizione di sospenderne l'esecuzione finché non si ottenesse l'assentimento di lui, mentre egli trascurava del tutto di prenderle in considerazione.
3) Ha rifiutato di approvare altre leggi per la sistemazione di vaste zone popolate, a
meno che quei coloni rinunziassero al diritto di essere rappresentati nell'assemblea legislativa - diritto di inestimabile valore per essi e temibile solo da un tiranno.
4) Ha convocato assemblee legislative in luoghi insoliti, incomodi e lontani dalla sede dei loro archivi, al solo scopo di indurre i coloni, affaticandoli, a consentire in provvedimenti da lui proposti.
5) Ha ripetutamente disciolte assemblee legislative solo perché si opponevano con maschia decisione alle sue usurpazioni dei diritti del popolo.
6) Dopo lo scioglimento di quelle assemblee si è opposto all'elezione di altre: ragion per cui il Potere legislativo, che non può essere soppresso, è ritornato, per poter funzionare, al popolo nella sua collettività, - mentre lo Stato è rimasto esposto a tutti i pericoli di invasioni dall'esterno, e di agitazioni all'interno.
7) Ha tentato di impedire il popolamento di questi Stati, opponendosi a tal fine alle leggi di naturalizzazione di forestieri rifiutando di approvarne altre che incoraggiassero la immigrazione, e ostacolando le condizioni per nuovi acquisti di terre.
8) Ha fatto ostruzionismo all'amministrazione della giustizia rifiutando l'assentimento a leggi intese a rinsaldare il potere giudiziario.
9) Ha reso i giudici dipendenti solo dal suo arbitrio per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l'ammontare e il pagamento degli stipendi.
10) Ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi.
11) Ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell'autorità legislativa.
12) Ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.
13) Si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti a:
a) acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;
b) proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti di questi Stati;
c) interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;
d) imporci tasse senza il nostro consenso;
e) privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;
f) trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;
g) abolire il libero ordinamento dileggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed estendendone i confini si da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste Colonie lo stesso governo assoluto;
h) sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme dei nostri governi;
i) sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi caso.
Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.
Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del nostro popolo.
Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l'opera di morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.
Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi
per mano di questi.
Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione.
A ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe, il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a governare un popolo libero.
E d'altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri rapporti.
Anch'essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò, rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.
Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d'America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell'Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l'autorità del buon popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo: che queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, stati liberi e indipendenti; che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre
alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare. E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza, reciprocamente impegnamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.

(Seguono 55 firme di Rappresentanti dei 13 Stati)

Quando sette mesi non bastano per un permesso: anche in provincia la burocrazia soffoca il cittadino!

La provincia senese, così conosciuta e venerata nel mondo per i suoi paesaggi impareggiabili meta di infiniti itinerari turistici, ha conosciuto negli ultimi anni le luci della ribalta in molte occasioni, nessuna delle quali per motivi lusinghieri.
Basta citare la crisi dell'industria locale, che mostra le falle di un capitalismo ipersindacalizzato e ammanettato da troppi vincoli e di un territorio isolato per l'incapacità di realizzare infrastrutture efficienti; oppure gli abusi edilizi, figli di una pianificazione criminale, che distruggono il paesaggio per alimentare il clientelismo tra amministrazioni e costruttori.

A malincuore, perchè certe storie non fanno che ingigantire il nostro senso di impotenza di fronte al mostro della politica e a ciò che essa produce, vi raccontiamo una storia degna di nota: la piccola frazione di Castel San Gimignano, non distante da quella Colle Val d'Elsa che costruisce grandiose moschee che nessun cittadino vuole, e da Casole -che degli abusi edilizi richiamati sopra è l'esempio più eloquente- sta vivendo in questi ultimi anni una sorta di rinascita: vi sono state costruite infatti numerose nuove abitazioni e con esse molti giovani sono tornati a popolare il paesino. Con i nuovi complessi residenziali sono tornati però a galla i vecchi problemi legati alla burocrazia: noi del Clan Libertario Toscano “Filippo Mazzei” siamo stati contattati in questi giorni da un gruppo di famiglie che risiedono in uno dei lotti di più recente costruzione nel Comune di Colle Val d’Elsa e che lamentano pesanti disservizi, in particolare per la perdurante assenza della linea telefonica. Da ben sette mesi dieci famiglie sono in attesa del nullaosta della Provincia di Siena, necessario affinché sia possibile iniziare quei lavori che consentiranno ai nuovi abitanti di poter avere, come tutti noi, una postazione telefonica fissa ed un computer.
Il motivo di un ritardo simile? La signora a cui sarebbe spettato sbrigare la pratica ha goduto di alcuni mesi di permesso per maternità, e quintali di pratiche si sono accumulati sulla sua scrivania a causa della incapacità della Provincia di sostituirla con qualcuno che fosse all’altezza. Ora sembra che la pratica possa essere archiviata a giorni, ma dopo serviranno l’autorizzazione del Comune ed ovviamente l’intervento sul posto della Telecom, azienda parastatale non certo rinomata per puntualità ed efficienza.
Nel frattempo, chi ha chiesto il trasferimento della linea continua a pagare il canone come se nulla fosse, mentre da una pericolosa buca sul ciglio della strada fuoriescono cavi e tubazioni che saranno impiegati nel corso dei lavori: se dovesse cadervi un bambino, da quale telefono i genitori chiameranno il pronto soccorso?

La burocrazia come sempre fa danni: fra permessi, firme e cartacce, a rimetterci è sempre il cittadino, nel mentre il silenzio dei partiti politici, capaci soltanto di tagliare le risorse che avrebbero dovuto collegare con un marciapiede le nuove abitazioni al centro del paese, diventa ogni giorno più assordante.

UPDATE

La nostra denuncia non è passata inosservata su giornali e siti web.

Tanto paga Pantalone

Un contributo, per carità, non si nega a nessuno…

firmato: Regione Toscana

E allora venghino venghino, dottori, contadini, donne, imprenditori, transessuali, musicanti e canterini: un sistema di aiuti imponente è per voi approntato dalla vacca Toscana, tutta da mungere...

In questo piccolo compendio, tratto da Il Tirreno di giovedì 19 giugno 2008, non c'è tutto -per una mappa completa degli sprechi ci sarebbe voluta l'enciclopedia- ma quasi; provate a consultarlo, chissà che non troviate qualcosa che faccia al caso vostro. Nel caso, ringraziateci: è bello sapere di pagar le tasse per un amico in più.

Agricoltori montani o svantaggiati. 100 € l' anno per ettaro di seminativo o pascolo aziendale vanno alle aziende delle zone di montagna o svantaggiate.
Agriturismo. Se avete un'azienda agricola e volete aprire un agriturismo potete ottenere un contributo a fondo perduto fino al 40% del costo totale per un massimo di 200mila €.
Ammodernamento aziende agricole, un contributo a fondo perduto arriva fino a un massimo di 300mila € (500mila nell'intero periodo 2007/2013). Per cosa? Per l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione o l'ampliamento di fabbricati, il miglioramento dei pascoli, l' acquisto di nuovi macchinari.
Centri commerciali naturali. Per aprirli, la Regione offre un contributo che può raggiungere 150mila €
Disoccupati. Agli iscritti nei centri per l’ impiego di Pistola, Arezzo, Livorno e Grosseto, di età compresa tra i 18 ed i 35 anni, alle donne in reinserimento lavorativo e ai lavoratori atipici la Regione offre una carta prepagata di 2.500 €, da spendere per attività di formazione.
Donne over 35. 2500 € vanno alle aziende che assumono donne over 35 part-time, e 4000 euro se l'assunzione è a tempo pieno.
Foreste da valorizzare. Per chi ha una foresta da sistemare e valorizzare la Regione offre un contributo a fondo perduto fino a 300mila €
Foreste da ricostruire. Chi invece deve realizzare opere per la prevenzione dagli incendi ed altre calamità naturali può contare su un contributo fino a 300mila €.
Formazione individuale. Ai lavoratori che intendono aggiornare la propria professionalità va un assegno personalizzato fino a 3mila € per coprire i costi di frequenza dei corsi di formazione.
Giovani agricoltori. Una tantum di 40mila € agli aspiranti agricoltori di età inferiore a 40 anni.
Giovani imprenditori. Finanziamento a tasso zero per il 70% degli investimenti per le imprese nelle quali i titolari, i rappresentanti legali e almeno la metà dei soci non hanno più di 35 anni.
Legalità democratica. I progetti sulla legalità democratica possono ottenere fino a 15mila € a testa.
Master e dottorati. Offresi assegno personalizzato non superiore ai 4mila € per le spese di iscrizione ai corsi.
Mobilità internazionale per giovani. C'è un finanziamento, fino a 20mila €, per laureati under 35 che vogliono seguire corsi di alta formazione all'estero.
Pannelli fotovoltaici. Per il solare termico l'aiuto è in termini percentuali sul costo di installazione, fino al 20%, fino a 5mila €.
Nidi. Si può avere un assegno di 3mila €, destinato alle famiglie che non hanno trovato un posto al nido per il loro bambino.
Neolaureati. Alle aziende vanno 4mila € per ogni assunzione a tempo pieno e 2.500 € per ogni assunzione a tempo parziale. Le assunzioni devono essere a tempo indeterminato «di neolaureati da impegnare in mansioni di elevata complessità, tali da richiedere una formazione di livello universitario».
Qualità alimentare. E' disponibile un contributo a fondo perduto di 3mila € l' anno per un massimo di cinque anni per ottenere la certificazione per il biologico, Dop, Igp, Stg, Doc, Docg e Agriqualità.
Studentesse scientifiche. Ci sono 1.100 € per le ragazze che si iscrivono a un corso di laurea triennale in Chimica, Chimica applicata, Fisica, Ottica, Matematica, Statistica, Ingegneria.
Stabilizzazione. 900 € vanno a chi trasforma contratti a termine in contratti a tempo indeterminato.
Trans. C' è una card prepagata di 2.500 € per transessuali e transgender da spendere in attività formative.
Valore aggiunto. Si può chiedere un contributo a fondo perduto fino al 40% del costo fino a un massimo di 1,5 milioni l'anno e 4,5 nel periodo 2007/2013 per investimenti per la raccolta e la trasformazione dei prodotti agricoli.

Dulcis in fundo, 360MILA A BANDE E CORI…e ai toscani nel mondo una fetta da 800mila euro.

Le vie del contributo, lo si evince chiaramente, sono infinite. Vediamo anche alcune «opportunità» gestite in maniera indiretta:

Spettacoli. Dalla Regione, che li trasferisce alle Province a cui spetta distribuirli, arrivano 360mila euro l' anno per i contributi di sostegno alle bande, ai cori e alle scuole di musica, mentre altri 1,7 milioni sono destinati alla prosa, alla danza e alla musica.
Toscanità. Ai toscani nel mondo vanno un bei po' di soldi: oltre 805mila euro l’anno tra contributi ad associazioni, a singoli e per corsi. La metà di questi finanziamenti va alle iniziative di formazione di lingua e cultura per i giovani; in particolare, 320mila € sono riservati ai corsi di formazione linguistico-culturale, per i quali la Regione paga non solo la frequenza al corso ed il soggiorno in Toscana ma copre al 50% anche le spese di viaggio. In questo modo - si spiega - un centinaio di giovani oriundi riprendono contatti con la loro terra d'origine.

Eccolo qua il segreto dello strapotere rosso sulla nostra terra: una pioggia di quattrini distribuiti a destra e sinistra in cerca di consensi e voti di scambio. La Toscana è diventata così una vera e propria Regione fondata sul furto, quello perpetrato quotidianamente ai danni di cittadini sempre più tassati e tartassati: come scriveva Frédéric Bastiat “…la chimera del giorno è di arricchire tutte le classi a spese le une delle altre; è di generalizzare la Spoliazione sotto pretesto di organizzarla. Ora la spoliazione legale può esercitarsi in una infinità di maniere; da qui una moltitudine infinita di piani di organizzazione: premi, protezione, sovvenzioni, incoraggiamenti, imposta progressiva, istruzione gratuita, diritto al lavoro, diritto al profitto, al salario, all’assistenza, a strumenti di lavoro, gratuità del credito ecc. Ed è l’insieme di tutti questi piani, in ciò che hanno in comune, la spoliazione legale, che prende il nome di Socialismo.”
Quel socialismo che maschera l’enorme furto legalizzato perpetrato dalla Regione “sotto nomi seduttori come fraternità, solidarietà, organizzazione, associazione. E siccome noi non domandiamo tanto alla legge e non esigiamo da essa che la Giustizia, esso suppone che noi respingiamo la fraternità, la solidarietà, l’organizzazione e l’associazione, e ci getta in faccia l’epiteto di individualisti. Che sappia quindi che ciò che noi respingiamo non è l’organizzazione naturale, ma quella forzata. Non è l’associazione libera, ma la forma di associazione che esso pretende di imporci. Non è la fraternità spontanea, ma quella legale. Non è la solidarietà provvidenziale, ma quella artificiale che non è che uno spostamento ingiusto della responsabilità”.